Mensana-Montepaschi, c’è un solo presidente e Minucci triplica le cariche

Dopo la segnalazione di Pallarancione.com della MensSana Montepaschi retta da due presidenti – niente a che fare con situazioni tipo targhe alterne – l’Euroleague ha provveduto a modificare il sito per cui, correttamente, adesso al vertice risulta il dottor Cesare Lazzeroni, notaio senese che se non altro per la patata bollente che si trova fra le mani, meriterebbe di essere indicato con un meno anonimo “Mr.Cesare Lazzeroni”.

Come noto ,all’indomani delle perquisizioni della Guardia di Finanza a metà dicembre agli uffici e all’abitazione di Ferdinando Minucci, il presidente della finanziaria MS SpA pur tranquillo sulle varie operazioni della sua gestione, vicina ai 20 anni, fece un passo indietro per rasserenare l’ambiente ma avendo il controllo totale di tutte le leve, il consiglio gli confermò tutti gli incarichi tecnici (è fra i saggi di Legabasket e nel board di Euroleague).

Caso Montepaschi basket, cala l’organico ma i presidenti sono raddoppiati!

Anche se per la prima volta l’organico della squadra faro del basket è carente quando un tempo per un’unghia incarnata o un raffreddore erano pronti due sostituti e si firmavano lauti contratti anche a giocatori presi per gli allenamenti e mai  scesi in campo e costoro si fregiavano – con grande imbarazzo- dello scudetto, in un clima da corte dei Borgia, esposti e controesposti arriva in primo piano la storia che per iscriversi al campionato la Mens Sanasi è dovuta vendere il marchio e trasferire contratti pubblicitari vari per 8 milioni.

Non solo: se l’acquirente non ce la fa a pagare il mutuo col Montepaschi, garantisce il venditore. Questa la sintesi dell’’“operazione lampo” di finanza creativa (raccontata  già da Pallarancione..con un altro articolo)  realizzata un anno fa di questi tempi, in meno di 30 giorni, e di cui nessuno era al corrente, al vaglio – dicono – di alcune Procure italiane. Eppure paradossalmente si regista un fatto che dimostrerebbe che l’opulente stagione senese prosegue.

Inchiesta Mens Sana, perché si è dimesso il presidente Minucci

Le dimissioni del dott. Ferdinando Minucci dalla carica di presidente  della Mens Sana Basket SpA sono uno dei  primi effetti palpabili in casa Mens Sana dopo l’operazione massiccia della Guardia di Finanza disposta dalla Procura che riguarderebbero ipotesi per pagamenti di giocatori all’estero (contratti d’immagine) e la prassi fiscali, e che avrebbe avuto un precedente  verso la fine del 2010 con un’ispezione delle Fiamme Gialle arrivata poi alla Comtec, l’organo di controllo della Fip, per la posizione del giocatore Eze, nigeriano diventato italiano per matrimonio, regolata con una conciliazione di oltre 200 mila euro.

Altro fatto di non poco conto la comparsa sulla scena della casa madre, e cioè la polisportiva, socio di maggioranza, che ha fatto da garante nell’atto costitutivo col quale fin dal 1995 le maggiori istituzioni senesi (Fondazione Mps, Provincia, Comune, Camera di Commercio) garantirono attraverso la Fises (Finanziaria senese di Sviluppo) finanziamenti necessari per costruire una squadra vincente, fino al dominio a partire dal 2004 e il record degli ultimi sei scudetti in sei stagioni.

Siena Minucci si dimette e Lazzeroni è il nuovo presidente

Arrivano le dimissioni di Ferdinando Minucci da presidente della Mens Sana Basket: l’ex patron di Siena ha rimesso al consiglio di amministrazione il mandato dopo sei anni di successi nella pallacanestro italiana.

Al suo posto è stato nominato Cesare Lazzeroni, già vicepresidente del club: allo stato attuale, Minucci resta nel consiglio e conserva le deleghe per la parte sportiva e di rappresentanza della società in Eurolega, in Federazione e in Lega.

La decisione – divulgata dalla stessa società –  è stata assunta nella seduta del 29 dicembre scorso. Nella nota della Mens Sana si legge che è stata affrontata tra i punti all’ordine del giorno

Se Siena sta a guardare, declassiamo la Montepaschi e Minucci?

Non ci credo. Non sembra vero. E alla fine, lo so, Siena lascerà un’impronta grande così sul tracciato segnato dai club che fino a ieri stavano a guardare. Quant’è che la città del Palio e di Cecco Angiolieri non rimaneva in stand by per lasciare che fossero gli altri a fare? Io, giacchè sono anni, non lo ricordo quasi più. Da più di un lustro, Ferdinando Minucci stava davanti a tutti. Che fossero venti passi, tre centimetri o un’unghia, che importa.

Ma davanti, il patron dei toscani che non a caso in cinque anni si sono sfamati gozzovigliando quasi in solitudine al banchetto della A1, ci stava in ogni caso. E ha continuato a tenere la testa davanti agli altri, Minucci, fino a poche settimane fa. Verrebbe da dire fino a qualche giorno fa. Quando, per come la si volesse girare, l’acquisto di un certo Juan Summers – lungo di livello – potesse fare il paio con quel fenomeno che si è mostrato Bo McCalebb anche nelle file di una nazionale – quella macedone – che presa e misutìrata metro per metro sembra giustappunto misurare quanto Siena. Tra giganti – in senso traslato e letterale – la Montepaschi restava il gigante. Tra colossi – intesi economicamente e storicamente parlando – la Montepaschi restava il colosso. Ma poi.

Pa pa pam. Due giorni a guastare una percezione figlia di meriti acquisiti sul campo. Crisi economico finanziaria a parte – ma se Standard & Poor’s decide di declassare sette banche italiane un buon segno non lo è neppure per chi se l’è finora scampata – arriva la mazzata che non ti aspetti. Perchè avremmo potuto semmai ipotizzare difficoltà legate alla congiuntura socio economica del periodo, non certo immaginare che il basket – quello che conta per davvero – non passa più solo – e in primo luogo – per Siena.

Non tanto per analisi legate alla statistica – e dice la statistica: la probabilità di continuare a vincere diminuisce in maniera direttamente proporzionale a quanto si vince – quanto per il fatto che – pa pam: Milano; pa pam: Bologna – il paginone di apertura oscura le facce vincenti di Siena. Montepaschi in terza, quarta pagina. Chi se lo ricorda più, quando è stato.