Siena ipoteca il 6° scudetto togliendo proprio Milano dall’albo dei record perché l’Armani, col deludentissimo Bourousis, nelle 3 gare ha sempre subito più di 80 punti e perso il duello ai rimbalzi, dove era superiore, facendosi soffiare da Stonerook il pallone decisivo. Tre indizi fanno una prova, tre rimbalzi in attacco nel finale, con quel capolavoro di Shaun Stonerook che sbaglia due liberi e indisturbato riesce a prendersi il rimbalzo che nega il tiro decisivo a Milano e vale la vittoria della certezza. In realtà tre sconfitte di Milano, nel senso matematico, non valgono ancora il sesto scudetto di Siena, meritatissimo, per me scontato dall’inizio di stagione perché le grandi squadre italiane sono indistruttibili, e Siena vincerà con un nucleo (se mettiamo anche Rakovic che non ha giocato) dall’età media di 33 anni di Siena.
In Italia le grandi squadre sono solo vittima delle crisi economiche endemiche, è toccato all’Innocenti, e soprattutto all’Ignis che dovette “regalare” Dino Meneghin a Milano. Si è capito, in queste prime tre gare, che la Spaghetti League non ha trovato nell’Armani la sua Oklahoma. Il nostro basket è conservatore, dentro un paese per vecchi intristiti dalla politica, le tasse e la burocrazia.
Per fare di Milano di punto in bianco un mosaico come quello di Durant e Westbrook non è stato sufficiente firmare un allenatore con due titoli europei,Sergio Scariolo, responsabile di non aver fatto scelte iniziali di mercato azzeccatissime, di aver voluto sfidare sul campo del “passaportato” Siena invece di puntare dal’inizio su forze fresche e guardare all’America dove col lock out gli ottimi giocatori non mancavano, tanto è vero che pochi sanno che un certo Jeremy Lin aveva già firmato un pre-contratto con Teramo quando gli arrivò la chiamata di D’Antoni per i Knicks. Non è bastato uno splendido pubblico, e la prova di carattere offerta da un campioncino di carattere quale Gentile che ha una sua idea di pallacanestro da rispettare e lega poco con questa gestione della nazionale.
Non puoi vincere contro Siena prendendo per la terza volta più di 80 punti, venire battuti per la terza volta ai rimbalzi, il tallone d’Achille senese che non possiede un centro vero, perdere – ripeto – 3 rimbalzi in difesa, 3 possessi di palla, 6-9 punti possibili, e finire una gara scudetto con ben 8 giocatori fra 3 e -1 di valutazione, la somma di tutte le voci del gioco, rimbalzi, assist, palle perse, recuperare e così via. Vedi infatti il voto basso basso che si sono meritati non da una giuria di giornalisti ma dalla loro prova di mercoledì Giachetti, Mancinelli, Rocca, Melli, Bremer e i due colleghi greci Fotsis e Bourousis. Si tratta di 7 giocatori su 12, possibile che tutti in una volta non siano riusciti a entrare nel vivo o, siccome ci sono anche gli allenatori, mi chiedo senza polemica se sono stati utilizzati al!
meglio.
Per far diventare di colpo l’Armani come Oklahoma, d’accordo, ci voleva la bacchetta magica. Per un match equilibrato ci voleva almeno Danilo Gallinari, come dimostra l’unica vittoria della stagione fra le due rivali di questo ottenuta nel lontano dicembre con una gara super dell’ala di Denver. E mi spiace – a proposito – che il telecronista, troppo imbarazzato, come se avesse di fronte un alieno, invece di chiedergli del look da Fonzie in giro per Time Square, non l’abbia provocato con l’unica domanda vera che tutti i telespettatori s’aspettavano e personalmente ho rilanciato più volte durante l’anno, senza avere una risposta: avendo Denver finito i playoff, Gallinari già tesserato e a conoscenza dei meccanismi della squadra, poteva giocare la finale scudetto?
C’è qualche postilla di qualche fottuto regolamento che impedisce allo sport, l’espressione più sacra e vitale della selezione e dell’avanzamento e dello spettacolo umano, di mandare in campo la squadra migliore?. Magari questa domanda sarà banale o scontata, ma giornalisticamente – amici cari – è anche una chiave per fare breccia nel telespettatore curioso, specie se vuoi superare quel tetto minimo dei 350 mila spettatori, che – anticipiamo – sono le cifre d’ascolto ufficiali delle prime due gare, per la precisione 163 e 173 mila. Una risposta che purtroppo conferma la promozione-low profile che la Lega non ha fatto o saputo immaginare, più interessata alle fasce de!
gli arbitri, alle querelles interne, agli equilibri di potere, a non impedire sortite infelici come la storia del basket “rancido e incancrenito” che poi è quello che ti offre 750 mila euro d’ingaggio. La Lega deve capire che la promozione è un problema suo, non delegarlo alla Tv e ritenendo conclusa l’operazione con la doppia telecronaca e la concessione della diretta alle emittenti territoriali quando la logica dei ratings invece va all’opposto, sulla grande qualità e lo spettacolo curatissimo. Le Tv francamente hanno fatto il loro, magari stavolta anche fin troppo, vedi – parlo delle telecronache scudetto – il bombardamento al napalm di commenti tecnicizzati più che tecnici o in slang, con le locuzioni da traduttore Google come attacco al canestro, area pitturata o feed-away (lo sapete che in italiano si chiama rinculo, e rende meglio il concetto del tiro all’indietro e in ricaduta?). O che dire dell’esaltazione del replay al punto che il bravo regista, un Barone di cognome, è riuscito a infilarne una sequenza anche mentre si stava giocando?. Forse si poteva capire un tantino, per una volta, anche l’esigenza di chi paga il canone, e non di chi pretende di fare lo spot a se stesso come se si trattasse di George Cloney e nessuno – dico nessuno – invece conoisce…Chi era davanti alla Tv si aspettava di capire nei time out come gli allenatori organizzavano la squadra, avrebbe rinunciato al replay. Probabilmente – mi chiedo – per tacito accordo, i dirigenti non hanno voluto che questo spazio venisse violato?. Anche questa è una domanda per la prossima telecronaca.
Siena ha vinto con 4 punti soli degli italiani, quelli di Aradori che almeno ha avuto l’onore del quintetto anche se il suo allenatore l’anno passato non l’ha portato in nazionale. Ci ha fatto male vedere l’ammirevole, esemplare, confortevole Carraretto, incarnazione del perfetto fante Razza Piave con tanto di laurea, finire a meno 8 nella valutazione per colpa dei 5 falli e delle palle perse. Purtroppo questo nostro amato sport è regolato dalle statistiche. Noi sappiamo che questo sacrificio ha una valenza altissima come contributo di squadra, ma fallo capire ai giovani che vogliono lo spettacolo, che cercano l’identificazione, specie in una partita teoricamente d’interesse nazionale e dunque promozionale in chiave di spettacolo televisivo.
Meno male ha compensato Alessandro Gentile, complessivamente il migliore del gruppo Armani in queste tre gare , con alcune diserzioni sorpredenti, a cominciare da Bourousis in versione palo telegrafico, talmente impallato e vuoto che a un certo momento non si è accorto di essere solo a 30 cengtimetri da, canestro e ha dato la palla fuori. Figuriamoci che era stato presentato come il gigante che avrebbe dovuto intimidire Siena e togliergli i rimbalzi, cosa che non è avvenuta. E il riscatto di Cook è stato tardivo, nelle due prime gare non ha giocato e un campionato italiano lo vinci solo se l’asse play-centro funziona. Vedi McCalebb, uno potrebbe dire che ha giocato meno bene delle prime due gare nelle quali è stato una star. Sbagliato, ha tirato quel poco che serviva a far rifulgere equilibri di squadra, ma è stato il migliore nei rimbalzi (7) e negli assist (5) e quindi grandissimo in questo sacrificio.
Il basket si è imposto nel dopo-guerra come fenomeno sociale, adesso la sua bandiera è una squadra multietnica. Questo ci sta bene, meno il fenomeno del passaportato, dell’oriundizzazione, cercare la scorciatoia del giocatore in più invece di lavorare sui propri vivai. Sì, il viavai e non i vivai…
Per l’incoronazione ufficiale è ormai solo una questione di ore, dipende solo da Siena più che da Milano, come ha detto anche gara3 con tutto il rispetto per chi ha lottato. Siamo uno spettacolo di nicchia che non fa trend, e questo non è bene perché oggi chi non fa trend è poco considerato. Siena farà traslocare dall’albo dei record con 6 titoli consecutivi le famose scarpette rosse milanesi, simbolo di un’eleganza di gioco e di stile (le tute scintillanti di raso rosso) e di una gioventù insuperabile nonostante non avesse – il fatturato di Armani, di cui Sandro Gamba, festeggiato per i suoi 80 anni, è stato una delle icone.
Mi avrebbe quindi fatto piacere che l’eroe di questa gara, Shaun Stonerook, autore di 11 punti, di canestri da 3 decisivi quando sembrava non tirasse più, e del rimbalzo in attacco decisivo, essendo in Italia da 12 anni, che il nostro passaporto l’ha avuto impalmando un’italiana, al microfono dicesse almeno due parole in italiano. Mi aspettavo che il telecronista chiedesse al guerriero dell’Ohio, “mitico Shaun, hai mai letto Dante Alighieri o la Gazzetta dello Sport?”.
[email protected]
Riproduzione Riservata