Meneghin, faresti il presidente dell’opposizione?

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Il Forum di Gambolò:  partito il Progetto-SupremoAiace con un quintetto speciale. Nasce il “Club Azzurri del Basket”?. Alberto Merlati racconta: “Ero nel mirino delle Brigate Rosse, il basket mi ha in segnato a non avere paura”

Grande basket,  soprattutto  grandi uomini. Una serata piacevolissima che smentisce false teorie lombrosiane, perché oltre ai 2,03 metri di “Supremo Aiace”, alias Stefano Albanese, col suo libro “Cuore, canestri e successi” , attraversamento dell’Italia  cestistica del boom dalla natia Sicilia a Vigevano che ha dato vita  al Forum “Gambolò chiama grande basket”, non poteva mancare un quintetto di campioni .

Campioni in campo o in altri rami di questa passione popolare con 350 mila tesserati e  un seguito di 4-5 milioni di persone di ogni età, strato sociale e preferito dal pubblico femminile. Ovviamente innanzitutto  il monumento nazionale con i suoi 2,04 e tutta la sua gloria, Dino Meneghin in veste di presidente della Fip.  Poi  Alberto Merlati, 2,06, pivot di successo del famoso “Muro di Cantù”, Venezia, Gorizia e  i migliori anni di Torino,  in seguito amministratore delegato della Garzanti caso mai qualcuno pensasse che il nostro sport è  riserva dell’homo sapiens.  Postulano invece  orgogliosi gli slavi, che sono stati maestri, “ che il basket si gioca con la testa, mentre il calcio con i piedi,  il volley con le mani e il rugby coi muscoli”.

Il quintetto della serata comprendeva anche  un 2,04, Daniele Dallera, che dalla gavetta giornalistica sul quotidiano d’informazione che più abbia amato il basket è  diventato responsabile dei servizi sportivi dello storico Corriere della Sera.  Toni Cappellari e non raggiunge i 2 metri ma è un gigante per il sol fatto di essere stato, a soli 27 anni, il general manager della più titolata società  italiana, l’Olimpia Milano , con  un ruolo importante nella grande transition. Cioè  quando  passò dalle mani di Adolfo Bogoncelli a quello dei Gabetti che ne fecero “la 24a squadra della NBA”  riuscendo a richiamare campioni  del calibro di Carroll e McAdoo.

Giancarlo Fercioni,  che ha costruito il suo essere regista innovativo sulla grande passione per questo sport e l’evoluzione della Tv commerciale, curando il miglior prodotto televisivo mix  tecnico-tecnologico e di spettacolo. Quello degli otto anni di Sky. Sembrava dato per scontato rivederlo in campo con altri network,  ma  Legabasket  ha saltato il Rubicone finendo ..in “ammollo”  nonostante   due Tv con fior di professionisti e mezzi. Molti rimpiangono la pay-Tv dei 5 milioni di utenti, e ora  il regista valorizza altri sport firmando con successo l’unica rubrica settimanale  d’opinione Tv su Pallarancione.com.

Al sottoscritto, il piccoletto, il compito  fare il selezionatore, allontanata la presunzione di fare il regista  o voler  dimostrare che il vino buono sta nelle botti piccole. Mi sono limitato, come faccio da quando scrivo di basket,  a sognare un quintetto ideale. In questo caso   quello che servirebbe per un’operazione di first-aid  e dall’ipocrita guerra fra Fip e Lega nella quale sguazzano gli arbitri e i parvenu. Quando  i protagonisti mi hanno chiesto quale argomento dovessero trattare, mi sono limitato a dire “divertitevi e divertite, questa è una partita da playground e  quando grandi campioni si trovano sul campetto  non c’è  bisogno di un allenatore, di ruoli, l’incastro magico diventa naturale e scontato”. Concetto espresso anche al centinaio di ospiti che con la loro presenza hanno completato il successo della serata, due ore intense, senza dibattito, presentando ad uno da uno, senza sbrodolare, i “relatori”. A cominciare, ca va san dire,  da Superdino ringraziato con una sola frase: “fra i tanti record, il suo maggior merito è aver definitivamente tolto al nostro basket, che stava già crescendo senza i filmati della NBA  e l’esempio dei giocatori  della scapigliatura, quelli anni sessanta-Ottanta, un atavico complesso di inferiorità”.

Il basket – ha detto Meneghin, al quale era doveroso lasciare anche il compito di chiudere il Forumnon sta bene, ma non è morto. E’ passato dal mio, in bianconero, a quello di oggi, e gode di buoni giocatori, e se tre italiani  giocano nei quintetti di squadre NBA significa che le società stanno lavorando bene. I tre sono  un modello per i nostri giovani, come quelli che mi hanno preceduto sono stati per me. Così si crea una continuità, abbiamo più di 350 mila tesserati e 150 mila sono i ragazzini del minibasket e sarebbero anche di più se i genitori non si spaventassero per una tessera che costa 5 euro”

Diverso è invece – ha detto a proposito dalle magre azzurre – il discorso riguardante la  nazionale. D’accordo, dal 2004 i risultati non vengono più, ma oggi un americano dalla mattina alla sera diventa macedone con 50 mila dollari, la frantumazione dell’Est e della Jugoslavia ha creato tante buone squadre che prima non c’erano. Per avere una nazionale locomotiva del movimento bisogna avere migliori giocatori e migliori allenatori”.

Ha salvato i dirigenti che gli si mettono di traverse, ma  il concetto probabilmente gli è rimasto sulla punta della lingua o in questa fase di uscita soft dalla presidenza non ha voluto creare polemiche: chi tocca certi “presunti potenti”, del resto, rischia di rimanere fulminato.

E’ stato a questo punto, vedendolo finalmente libero, nei panni di gigante dello sport e non di politico, senza il fastidio delle troppe mosche nocchiere che gli girano attorno in questa fase della sua carriera, per ben due volte  gli ho domandato se voleva prendere l’occasione di un  clamoroso atto causa-effetto immediato: “Dino, perché non chiudi adesso, e stasera non decidi qui di passare a candidato presidente dell’opposizione?…”. Superdino ha sorriso, non c’era bisogno della parola per comprendere quanto sia difficile questa fase della sua vita. Nel parlare in chiusura, ha ringraziato quella che si vuole una figura minore, Nico Messina, il tigre dello scudetto progetto “grande Ignis”. “Facevo a scuola lancio del  peso, il professor Messina  mi ha notato, se non fosse stato per lui e per la mia famiglia che da Alano si spostò a Varese, probabilmente la mia vita sarebbe stata diversa”.

“Se torna Petrucci ben venga, ma non perdiamo il grande Dino”, ha chiesto Toni Cappellari al termine del suo affondo. Arriverà Petrucci  lanciatosi nell’agone perché comunque il basket è una Federazione maggiore, fa… curriculum, ma  non necessariamente per tornare a fare il presidente come abbiamo scritto quando ancora non aveva accettato la candidatura della Consulta?. Credo  che come presidente del CONI voglia al momento evitare  che scoppi la bottiglia  prima che il tappo di questa stagione di cui certamente sapremo in futuro tanti misteri gaudiosi ed eleusini,  adesso difficili da mettere a fuoco.

“Se le cose non vanno bene  – ha detto con quel carattere sanguigno e la forza della documentazione sui fatti  il manager collocatosi nel mondo di un’impresa di risorse umane ma pronto a rientrare perché i club lombardi vogliono portarlo in Lega per riequilibrarla –   è perché ai vertici della Lega ci sono troppi burocrati. Non ci sono più i dirigenti come Borghi, Scavolini o Porelli che dava in prestito Bonamico  a Bogoncelli perché  al campionato serviva. C’è bisogno di idee, di giocatori simbolo, è necessario riscoprire l’italianità, far ripartire i serttori giovanili, ridurre il numero di squadre di Serie A, fare un certo discorso con le Tv e i giornali”.

La dimensione territoriale, centrifuga, della gestione del basket di club ha messo in crisi anche chi, nei giornali, manovra leve importanti, e Daniele Dallera ha sottoscritto tutto quanto ha ascoltato raccontando che invitato a Torino al meeting di Lega con gli uffici stampa, per la Coppa Italia, evento  della Rcs, ha trovato solo sette interlocutori. Ma si può…

Anche per Giancarlo Fercioni, la chiave è la comunicazione, cioè il coinvolgimento di tutti, costante, ripetuto e non le solite cose, “perché la Tv amplifica e se sussurri offri solo un sussurro amplificato, mentre devi graffiare”.  Speriamo che Meneghin e qualche dirigente della A vada alla prossima riunione di Lega a chiedere: “Ma se un uomo di Tv come Fercioni ci racconta che siamo penalizzati da un campione di poche migliaia di utenti, sempre quelli da 20.30 anni, vuoi mai che si decida di combattere e non subire questo Auditel certamente anacronistico

Alberto Merlati ha parlato della sua esperienza, e ci è sembrato di scorrere davanti agli occhi le storie dei nobili giocatori azzurri che dalle Olimpiadi di Roma hanno lottato per l’affermazione del movimento con i modesti mezzi di un basket che aveva grandi missionari, e giocatori in cerca di un’identità sociale e non di un conto in banca. “Il successo sportivo – ha sottolineato– non era l’obiettivo finale, ma il punto di partenza”.  Finite le lezioni alla facoltà di ingegneria al Politecnico di Torino, si metteva in auto per allenarsi alla sera a Cantù, rientrava nella notte, la mattina dopo tornava studente e così via fino alla laurea, trovando anche il modo di diventare un campione di basket, e provare gusto a  sfidare i  grandi campioni americani e stranieri,  perché al tempo erano quelli più ricercati nel suo ruolo.

“Il basket mi ha trasmesso un’energia straordinaria per costruire qualcosa per il futuro e a non aver mai paura.  Non ho avuto paura anche quando, anni dopo, amministratore delegato della Garzanti, scoprii che il mio nome era  fra i 300 italiani nel mirino delle Brigate Rosse. Era una guerra obbligata che si doveva vincere, bisognava dare la giusta importanza e dimostrare di essere tosti”.

Lunedì letterario riuscito di uno sport che vorrebbe ritrovare il sentiero tracciato da personaggi come l’ingegnere, oggi titolare di un’impresa (La Fabbrica Communicatio, Educational, Marketing) con oltre 200 dipendenti che opera in Italia e in Brasile di grande valore sociale realizzando pubblicazioni didattiche utili alla salute e alla conoscenza giovanile. Siamo uno sport che pretende di essere basketocrazia, banche, affari, passaportati, la peggior copia del calcio che almeno ha una stampa cane da guardia, e non neutralizzata. Sotto il cielo del basket tutto ha un prezzo, per cui o bluffi o ti infili nel vortice folle smarrendo l’identità che i padri fondatori hanno costruito senza che i loro feticci e i mantra fossero i budget,  il pick and roll o il passaportato. Ma solo: crescere come atleti e come persone.

Organizzata nella bellissima sala affrescata con gli stemmi dell’epopea lomellinese in quella che un tempo erano le tenute degli Sforza, quella Villa Litta 1200 anni fa nato come castello e  oggi di proprietà  del Comune di Gambolò , la serata è servita non solo a sfogliare le belle pagine del libro di Albanese firmato da un gruppo di giocatori-amici  ma anche avere finalità pratiche. Dino Meneghin, ad esempio, è stato il primo a firmare la petizione per impedire all’amministrazione leghista di Vigevano di demolire la Palestra Carducci, il cuore della storia di un basket-laboratorio gemellato con l’Aris Salonicco, per farne un parcheggio a tre piani. Non bastasse il record di un palazzetto da 4500 posti realizzato e mai usato, roba da non crederci.

Evento da ripetere nel cuore storico della Lomellina col suo museo, Gombolò progetto di basket giovanile unico, le sue risaie, le canalizzazioni di acqua sorgiva che uno storico locale orgogliosamente chauvin nega siano il parto del genio idraulico di Leonardo e scaricano nel limpido Ticino. “Adesso ci aspettiamo Aiace 1, 2 e 3 e Aiace contro Maciste o contro Mazinga”, ha scherzato Dino Meneghin. Sì, chiamiamolo Progetto Aiace, un forum annuale su un tema del basket che sui giornali è all’indice, niente politica e niente polemiche. Magari per dare forza alla mia di idea, suggerita a Meneghin, di copiare quello che Ricci Bitti, l’ingegnere che rivoltò la federtennis galganiana,  ha fatto nel tennis col club di Coppa Davis con Pietrangeli presidente. Il recupero culturale dell’esperienza degli azzurri, quelli  “intruppati” fra i Maturi Baskettari. Una  etichetta  più che riduttiva, assolutamente sbagliata. Aspettiamo dunque la nascita del “Club Azzurri del basket”, e ringraziamo per questa bella partita il sindaco Elena Nai, il vicesindaco Giampiero Zucchetto, la Giunta Comunale, la Polisportiva Lomellina col presidente  Rosario Culetta e il professor Cesare D’Angelo, il presidente del CONI Provinciale Oscar Campari, l’ufficio stampa Oliviero Dellerba gli ospiti, appassionati, campioni, giornalisti dirigenti. Il Progetto-Aiace è partito nel modo migliore.

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