Nè contro Toti, nè con Toti. Martedì 24 aprile i tifosi dell’Acea manifesteranno davanti al Campidoglio, primo invitato Valerio Bianchini il coach del massimo splendore, affinchè Roma non perda il basket e una tradizione che affonda radici profonde come i 90 anni del basket. Negli Anni Venti-Trenta-Quaranta le sfide all’aperto vedono fra i primi giocatori anche un certo Vittorio Gassman. Negli Anni Sessanta-Settanta la Stella Azzurra, nata nel collegio De Merode, i freres di Piazza di Spagna con Spinetti, Falcomer, Napoleoni, Del Pozzo, un giovane Stefano Albanese e un coach abruzzese, Tonino Costanzo è una squadra garibaldina che arriva a battere il Simmenthal.
Si giunge ai primi Anni Ottanta, il risveglio con la Perugina, un regalo di Guidocarlo Gatti e l’arrivo da Cantù di Bianchini e il grande en plein col Bancoroma, scudetto e Coppa dei Campioni, per la prima volta anche la capitale italiana è quella del basket e soprattutto per la prima e unica volta anche europea. Dieci anni dopo il grande progetto del Messaggero, affidato sempre al Vate del basket, naufraga con le vicende del Gruppo Ferruzzi e si arriva così a metà della prima decade del terzo Millennio, quando nonostante i favori di Walter Veltroni Siena nega a Roma il secondo scudetto. Vengono sacrificati sulla graticola allenatori e giocatori di livello internazionale, Pesic, Repesa, in un certo senso anche Tanjevic, Tony Parker, Bodiroga, Jennings.
Questa stagione era cominciata in maniera emblematica col proprietario Claudio Toti a sfogliare la margherita: vado, resto, vado, resto…alla fine è rimasto senza la giusta convinzione, provando per un altro anno. Si è mossa tardi sul mercato, ha preso Antonello Riva come general manager e Lino Lardo allenatore, ha rinunciato all’Euroleague, cambiato – come spesso – l’allenatore e qualche straniero, e siamo all’imminente congedo senza slanci “eroici”, fuori dalle Final Eight di Coppa Italia e attualmente anche dai playoff.
Nei giorni scorsi, incuriosito, avevo letto sul sito di Legabasket di una conferenza stampa di Sergio D’Antoni, ex presidente della Virtus Roma ai tempi di Corbelli e sindacalista di punta della Cisl, tornato recentemente nella Virtus Roma col compito di trovare risorse e il nuovo proprietario. Mi aveva colpito, l’iniziativa, perché la convocazione ai giornalisti al Palazzetto dello Sport era parsa l’annuncio tanto atteso di prospettive di rilancio. Non è stato così. Sergio D’Antoni ha fatto un discorso che ha gelato le speranze ( www.virtusroma.it/vide). Messo da parte, vi ripropongo l’articolo.
“Il punto di partenza della nostra discussione – ha premesso D’Antoni – è la questione che riguarda il pubblico; abbiamo notato una cosa significativa e allo stesso tempo preoccupante, siamo la squadra con meno spettatori in media pure avendo prezzi tra i più bassi in Italia. Questa è una questione molto delicata, da un lato pone il problema immediato e cioè il fatto che noi vorremmo che per queste tre gare finali in casa, nelle quali la squadra si giocherà l’accesso ai playoff, il Palazzetto si potesse riempire, e questo sarebbe un segnale positivo, non solo per il presente ma anche per il futuro. L’altra importante questione riguarda proprio il futuro, se chi ama il basket a Roma vuole che questo sport rimanga in questa città deve valutare che non ci sono solo i grandi eventi ma anche i Campionati “normali” e la partecipazione “normale” a questa attività.
“ E’ fondamentale – questo il suo invito, accolto con uno…scivolone casalingo – che già dalle gare che mancano alla fine della stagione ci sia una partecipazione massiccia. Inoltre noi pensiamo di lanciare come segnale, vedremo come farlo, magari una formula che veda mille persone disposte a sostenere la squadra con la prenotazione di un abbonamento per la prossima stagione. Proprio per affrontare il secondo punto, quello riguardante la Società, posso dire che fino ad ora non ci sono novità, non c’è nessuna iniziativa, nessuna presa di contatto, nessuna dimostrazione di volontà di affrontare il tema. Noi siamo pronti a valutare quando qualcosa ci verrà proposto ma fino adesso non è avvenuto. Siamo quindi in una fase delicatissima in cui l’affetto e l’amore del pubblico sarebbero indispensabili anche per completare bene questo Campionato.”
Su questa iniziativa “fuori tempo”, tardiva, ho raccolto più di uno sfogo amaro. In sintesi la gente ha così ragionato
“Tutti hanno pensato a a un abbonamento per le prossime partite rimanenti. Invece no, D’antoni ha chiesto mille abbonamenti da fare subito per l’anno prossimo, senza alcuna garanzia sul fatto che la squadra o la stessa società esistano ancora. Affidarsi a un politico per comunicare con una tifoseria completamente devastata e chiedere soldi non è stata una mossa felice, forse si è dimenticato che oggi le persone che meno piacciono in Italia sono i politici…”
Insomma, invece di una sorpresa o un regalo ai tifosi, molto pazienti in questi anni di politica zig-zag o “tela di Penelope”, la Virtus Roma ha provato a chiedere mille abbonamenti. Che per i tifosi, in gran parte ragazzi e le loro famiglie, di questi tempi sono un grosso sacrificio mentre come piattaforma per un’operazione di rilancio in grande stile sono un bruscolino. Sia perché gli incassi, nel basket, salvo una squadra sono in rapporto di 1 a 20 rispetto ai costi, e poi perché mille abbonati non sono certo un’immagine coreografica per un rilancio vero in una città come Roma, ma un tirare a campare. Vi immaginate quale sarebbe poi la reazione dei tifosi della Roma e della Lazio di fronte a un’operazione di marketing tanto low profile come questa? I dirigenti sarebbero dovuti rifugiarsi all’estero…
Adesso si muovono i tifosi, e martedì 24 aprile vanno sotto le finestre del sindaco di Roma. Venuta meno lo scopo di un basket da vertice per la causa olimpica “Venti Venti”, ad Alemanno chiedono di garantire la continuità per una squadra che, bene o male, è stata protagonista negli ultimi 30 anni in uno sport secondo solo al calcio, anche se oggi i migliori italiani vanno nella NBA e da noi purtroppo vengono a svernare i passaportati. E naturalmente anche Roma, quest’anno ha avuto il suo, e ovviamente fra i più deludenti.
A proposito di NBA, escluso che Andrea Bargnani faccia un gesto generoso come i colleghi francesi della NBA Tony Parker e Boris Diaw che hanno acquistato un club, e nel caso del Moro di San Antonio durante lo sciopero della NBA è andato in campo per rilancoiare una formazione che ha fatto la storia del basket francese quale il Villeurbanne.
Il Mago dei Raptors firmato l’anno scorso un contratto di 50 milioni di dollari, in effetti potrebbe acquistare lui il club o trovare un partner canadese o americano per coprire in budget. Raccontano che si sia fidanzato con una ereditiera ricchissima, ma anche da sempre notroriamente freddo con la sua città “e quasi – mi raccontano con un sospiro amaro – si è scordato persino di aver giocato di passaggio nella Stella Azzurra, è andato via giovanissimo, lanciato da Treviso e mai si è fatto promotore di un appello o di un intervento per muovere le acque”.
Corre la voce che in America, in effetti, si stia però dando da fare un altro grande personaggio del basket italiano. Lavora nella capitale del cinema, Los Angeles. Si tratta di Ettore Messina che potrebbe tornare dall’esperienza con i Lakers dove collabora nel team di Mike Brown per rilanciare la squadra e guidarla direttamente, o come manager responsabile delle operazioni. Meno probabile che gli americani che hanno acquistato la Roma calcio e vengono da Boston investano nel basket. Dietro la NBA hanno già la D-League, con tanti buoni giocatori e uno stipendio-standard di 25mila euro, a Roma un oriundo americano costa solo d’ingaggio annuale 5-6 volte. E non metterà mai piede nella NBA, e forse anche nella stessa D-League. Tanto per capire fino a dove si è spinto il paradosso del Basket Spaghetti e quanto questo rilancio, anche per la crisi economica e come viene gestita la A, stavolta sia complicato.
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