Un piccolo puntino, se vuole, se possiede fantasia e passione, può sentirsi al centro del mondo. Gambolò non è certo un piccolo puntino fra Pavia e Novara. E’ terra dove scorre il Ticino, si vendemmia il profumato vino dell’Oltrepò e la sua importanza storica non è seconda a nessuno. Due secolo prima di Cristo fu teatro di una serie di battaglie feroci fra Annibale, che arrivava dalle Alpi con gli elefanti, e Scipione l’Africano in difesa di Roma nella seconda Guerra Punica. Duemila anni dopo il Re Tentenna, Carlo Alberto, fu sconfitto duramente dal maresciallo Radetzsky il quale dovette invece inchinarsi all’eroica popolazione milanese e al termine delle famose Cinque Giornate dovette riprendere la strada di casa con i suoi 80 mila uomini. E fu lì che nacque l’idea italiana ancor prima dello sbarco dei Mille.
Sembrerebbe, questo piccolo Comune operoso, il luogo più adatto anche quale teatro di battaglie sportive, ma Dino Meneghin lunedì sera 16 aprile, potrà disintossicarsi dopo il Consiglio federale da tutti quei veleni ched deve respirare ultimamente come presidente federale per parlare invece delle sue battaglie sul campo e nella vita, più gloriose, che l’hanno portato a essere il nostro giocatore più conosciuto al mondo col posto nella Hall of Fame.
Niente polemiche, please, a “Gambolò chiama grande Basket” le mosche nocchiere non sono ammesse. Si tratta di una serata in stile “speaking corner”, idee in libertà, con il desiderio di concludersi in gloria. Con una festa.
Il basket si gioca in cinque, e Meneghin sarà quindi il pivot titolare al quale arriveranno buoni assist da altri quattro “giocatori” che a loro modo rappresentano quella conoscenza e quella passione che manca a molti manovratori del basket odierno. Una simile “quintetto ideale” potrebbe sistemare i problemi del nostro basket, malridotto un po’ come il tennis ai tempi di Galgani, facile bersaglio di tutti e un po’ superbo del suo potere che l’ha allontanato dai media e dalla passione popolare.
I quattro compagni di Superdino per questa partita unica, fuori dagli schemi della tavola rotonda o dalla conferenza, sono Alberto Merlati, l’ultimo a tirare i liberi alla “patatona”, cioè da sotto, tantissimi centimetri e una mente viva e divertente che gli ha permesso di scalare i gradini del basket, della maglia azzurra e della Garzanti e affermarsi in seguito come manager della comunicazione. Sono in molti che vorrebbero invece Toni Cappellari per traghettare la Lega che è implosa per colpa della sua presunzione e poca competenza sportiva e internazionale e forse dovrebbe essere spostata a Milano. Toni è stato il giemme creato in casa della grande Milano, oggi è un esperto di problemi del lavoro. E’ un tipo che parla chiaro, pane al pane e vino al vino, però rispetta chi non la pensa come lui.
Poi c’è Daniele Dallera, ha fatto la gavetta grazie al basket ed è diventato responsabile delle pagine sportive del Corriere, il che significa possedere equilibrio, conoscenza di tutti gli sport, lo so bene io che questo ruolo ho fatto per poco tempo alla Gazzetta bibbia-dello-sport.
Non poteva mancare, nell’anno in cui, La serie A ha tentano il doppio salto mortale senza rete con il chiaro Tv ritrovandosi a essere meno rispettato da Sky, il regista dei 8 anni dell’ottimo “prodotto basket”di Sky. Parlo di Giancarlo Fercioni, uno che conosce il basket almeno quanto un coach di A e vanta la passione di un coach delle giovanili. E’ lui che ci regala ogni settimana su Pallarancione.com una divertente rubrica. E anche unica, giacchè nessun media ha pensato a trattare la vera novità della stagione.Vuoi forse che avessero tutti timore?
A me toccherà fare da conduttore, troppo onore, me lo impone il piacere di fare “massa critica” sulla rete scrivendo per Pallarancione.com. Depongo ogni velleità e ogni più remoto protagonismo fuori luogo. Penso a divertirmi in mezzo a tanti amici sperando che mi venga qualche aforisma dei miei, tipo l’ultimo sulla decisione di dare alla A un passaportato per club: “Meglio un italiano sfigato che un mal-passaportato…”. O magari spero di raccontare di fatti e persone belle per gratitudine imperitura al basket, e se serve smascherare magari qualche bluff o il finto benefattore di turno.
Il posto dove si gioca questa divertente partita mi piace. Questo crocevia della storia d’Italia che è Gambolò vanta ben 2 mila e 200 anni di vita, e un castello millenario e forse non sa che il suo stemma è la bandiera che l’inglese Re Giorgio regalò ai genovesi. Probabilmente le sue vigne fertili erano i possedimenti di terraferma che dava quel buon vino che la città della Lanterna commerciava sui mari.
Stefano Albanese, ideatore e regista della serata, che ha chiuso la carriera in C, vanto e gloria sportiva del comune, come dirigente di Gambolò racconta di questa sua esperienza nel piccolo centro pavese nel libro “Supremo Aiace, Canestri e Successi”, dedicato al suo lungo e fortunato viaggio nel basket-boom partendo giovanissimo da Palermo per arrivare a Roma e alla nazionale e approdare, dopo una puntata a Cagliari, a Vigevano. L’Aiace del basket ha puntato su una comunicazione mirata: facebook, “maturi baskettari” troppo pazienti nel vedere cosa si è fatto del loro contributo, appassionati, Telepavia, e la presenza di Antonio Faravelli coi vini dell’Oltrepò dedicati al golf e alla moda e magari in futuro al basket. Se ci sarà ancora da brindare…
Dall’alto dei suoi 2 metri e 6 Aiace desidera muovere le acque per ridare il grande basket in quell’area:
“Abbiamo dato un taglio da grande serata di basket che non è poca cosa, visto che in terra Lomellina per ora non se ne vede nemmeno l’ombra. Un momento importante per far riflettere su qualcosa che si è perso e bisogna recuperare a tutti i costi. Lo impongono i 55 anni della Pall. Vigevano, il palazzo dello sport da 5000 posti e una passione mai sopita… Certo qui non è Treviso ma bisogna provarci”