Simone Pianigiani, tecnico della Mens Sana Siena, che domani sera sarà impegnata a Belgrado nella sfida di Eurolega hè sarà in programma domani sera alle 20:45, ha parlato nella consueta conferenza pre partita:
“Andiamo a giocare in un contesto importante, in un luogo dove la pallacanestro è qualcosa di speciale. E questo è sempre molto stimolante e va vissuto in modo positivo. Per quanto riguarda la partita, non dobbiamo fasciarci la testa pensando alla classifica, alle sconfitte o alle assenze, che ci sono e lo sappiamo, ma dobbiamo pensare a giocare meglio possibile ogni singolo pallone sia in attacco che in difesa, cercando di superare le difficoltà che ci si presenteranno davanti e che, per taglia fisica e qualità di gioco dei nostri avversari, saranno tante. Noi dobbiamo pensare a noi stessi e ad avere una grande forza mentale e continuità per quaranta minuti, condizioni necessarie per potersi giocare la chance di fare risultato in un campo come quello di Belgrado”.
Interviste
Lottomatica Roma, Filipovski: “Dobbiamo migliorarci”
Il coach della Lottomatica Roma, Sasa Filipovski, è pronto a sfidare i campioni d’Europa del Barcellona nel match di questa sera valido per le Top 16 di Eurlega. Ecco un estratto della conferenza stampa: “Il Barcellona è una squadra costruita e organizzata per vincere la finale del torneo – afferma il coach Filipovski – Hanno giocatori dai grandi nomi che però sanno giocare molto bene insieme e giocano un basket fra i migliori d´Europa. Noi speriamo di poter competere il più a lungo possibile con loro nel corso del match e speriamo che per noi tutti sia l´occasione per fare esperienza, per migliorarci e per capire a che punto siamo. Sarà importante riuscire a giocare il nostro sistema”.
Air Avellino, Vitucci: “Superiamo ogni difficoltà”
Francesco Vitucci, coach dello Scandone Avellino, quarto in classifica a 18 punti a parimerito con Canadian Solar Bologna e Fabi Shoes Montegranaro, ha parlato del vero e proprio miracolo che sta facendo la sua squadra in questa stagione dopo l’ennesima grande vittoria contro Cimberio Varese in trasferta (partita finita 83-85):
Francesco “Frank” Vitucci, che per carattere è sempre stato poco incline alle dichiarazioni facili e banali:
“Non ho mai avuto padrini per non avere condizionamenti, e forse la mia carriera è stata condizionata proprio da questo. Preferisco avere rapporti giusti e sempre sinceri piuttosto che di convenienza”.
Esonerato la scorsa stagione da Treviso per colpe probabilmente non sue, Vitucci è uno dei più seri candidati al premio allenatore dell’anno. Per lui parlano i risultati e soprattutto il clima che è riuscito a creare all’interno del gruppo che, causa le difficoltà economiche del club, rischiava di sfaldarsi completamente.
“I miei giocatori mettono positività in tutto quello che fanno, riuscendo così a superare le difficoltà, che non sono solo quelle legate agli stipendi. Ogni tecnico è figlio dei propri atleti, bisogna avere un pò di fortuna… Io nel costruire questa squadra ho cercato di capire prima le persone, poi di trovare da subito un linguaggio tecnico comune: perchè se si deve stare bene assieme, lo si deve stare soprattutto in campo. Qual è questo linguaggio? Ho spiegato che da noi non esiste un protagonista unico, ma tanti a rotazione, come è poi avvenuto grazie a Green, Thomas, Johonson, Troutman (per quest’ultimo si sta cercando un sostituto, ndr). Lo hanno capito”.
Il gioco, orchestrato dal folletto Green, 1,65 di rapidità e sapienza, non solo vince, ma diverte.
“Non sono per le esecuzioni rigide degli schemi, i giocatori ci devono mettere la loro creatività, non forzando però le situazioni”.
Quello che più colpisce è come la magia di un piccolo centro come Avellino sia riuscita a stregare ogni componente del variegato gruppo dell’Air.
“Questi ragazzi stanno bene qui, e non è solo un modo di dire. Nessuno vorrebbe andar via da Avellino. Tanto per far capire l’ambiente, uno di loro oggi mi ha spedito un messaggio per parlarmi del pivot che secondo lui dovremmo ingaggiare…”.
Virtus Bologna, Martinoni: “Sono fortunato a giocare nella Virtus”
Nicolò Martinoni, ala grande della Virtus Bologna classe ’89 ed ex Varese, ha commentato così l’ottima vittoria contro Enel Brindisi nell’ultimo turno di campionato per 93-72:
UNA GARA da Brindisi, quella di Nicolò Martinoni contro l’Enel, forse la prima davvero convincente da quando veste la maglia della Virtus.
“Sicuramente la mia prova di domenica è stata buona — racconta il lungo virtussino —, però vorrei mettere in fila altre prestazioni positive prima di dire che mi sono definitivamente sbloccato.
Per un ragazzo giovane non è facile giocare in un club che ha una tradizione così importanti, ma qui mi hanno fatto capire che tutti credono in me e questo mi aiuta a lavorare forte in allenamento durante la settimana”.
Molti parlano delle difficoltà di giocare in un club come la Virtus, lei ne ha incontrate?
Lottomatica Roma, Filipovski: “Il Maccabi è di un altro livello”
Filipovski, coach della Lottomatica Roma sconfitta pesantemente nell’ultimo turno di Euro Lega contro il Maccabi se è così espresso nella conferenza stampa del post partita: “Dobbiamo ammettere che il Maccabi è una squadra di un livello molto superiore al nostro. E´ una grande squadra, formata da ottimi giocatori molto ben allenati, che lottano per la Final Four e per vincere il titolo di Eurolega. Al momento abbiamo diversi problemi: nemmeno con l´innesto degli juniores riusciamo a raggiungere il numero di dieci giocatori per poterci allenare. Dobbiamo ora fare i conti con questa sconfitta anche se non sarà facile, ma soprattutto già da stasera dobbiamo pensare alla gara di domenica con la Scavolini e focalizzarci su quella”.
Lottomatica Roma, Tanjevic: “Dobbiamo lottare contro lo strapotere di Siena”
Boscia Tankevic, direttore tecnico della Lottomatica Roma che quest’anno fatica a decollare ferma all’undicesimo posto con soli 14 punti, ha voluto commentare così l’inizio non certo esaltante della squadra capitolina:
“Mi trovo a Istanbul, per finire le mie terapie e purtroppo non potrò assistere domenica alla partita contro la Scavolini Siviglia.
Sarò di ritorno a Roma i primi di febbraio”, racconta senza reticenze, a proposito della sua malattia.
Ma la tempra del grande santone slavo è forte e altrettanto lo sono le sue motivazioni:
“Tornare in Italia è stato naturale, da voi mi sento a casa. Non mi sembrava nemmeno che fossero passati sei anni. Come ho trovato il livello della pallacanestro italiana? A me sembra ancora molto buono, le squadre sono preparate, però c’è un problema fondamentale: manca un’opposizione forte allo strapotere di Siena e questo finisce per togliere interesse al movimento, è come se tutti fossero rassegnati ad arrivare dietro di loro. Dobbiamo lavorare per eliminare questa sensazione sgradevole”.
INTANTO la Lottomatica, che pure avrebbe i mezzi per provare ad essere all’altezza, stenta nel mucchio di centro classifica. Cosa c’è che non funziona ancora, Tanjevic?
“Ci manca il centesimo per fare la lira, come si diceva una volta. Intanto ci mancano tre giocatori importanti come Vitali, Giachetti e Gigli. Credo che Gigli, da solo, possa elevare le prestazioni di questa squadra almeno del 30% — afferma Boscia — è un lungo di talento. Non siamo mai stati al completo, abbiamo cambiato molto, ma due-tre giovani di valore li abbiamo: in sostanza direi che la costruzione della squadra procede bene ma i risultati non l’accompagnano di pari passo. Conquistare comunque le Top 16 di Eurolega mi sembra un bel traguardo, in campionato ne abbiamo perse tante negli ultimi minuti, dobbiamo imparare a essere più continui. Ma la sesta posizione è alla nostra portata”.
COME vanno le cose col nuovo coach?
“Filipovski deve finire di immagazzinare informazioni su una realtà per lui nuova, ma vedo che la squadra lo segue. Anche perché dopo aver fatto fuori un allenatore, c’è più rigore da parte dei giocatori — dice un pò seccato perché Boniciolli era il suo pupillo —. Filipovski è un duro, rigido nelle regole. E ha trovato in Gordic, un giovane con la testa di un veterano, una buona guida per i compagni: io lo paragono a un Jasikevicius giovane, ma più esplosivo ancora. Poi ho visto Datome fare passi da gigante, ora è consistente, ha aggiunto qualcos’altro al suo talento. Mentre lavoriamo sul presente, cerchiamo di mettere le basi per il futuro, in modo che sia più facile ricostruire per l’anno venturo: sapere da chi ripartire è importante”.
Della Pesaro attuale cosa sa?
“Che Valter Scavolini e la sua famiglia continuano ad essere il grande riferimento del vostro basket. Pesaro è ancora, e profondamente, una città del basket. Per questo non morirà mai”.
Virtus Bologna, Sabatini: “Sono fiero del nostro sponsor”
Può essere fiducioso per il futuro della Virtus il patron Cladio Sabatini dopo aver ufficializzato un nuovo contratto di sponsorizzazione. Così dopo l’acquisto di Rivers non si fermando le sorprese per la squadra emiliana. La Virtus Bologna, quinta in classifica con sedici punti, in questa seconda parte di stagione deve puntare a migliorarsi: “Siamo contenti di questo importante abbinamento — ha affermato il patron virtussino Claudio Sabatini — Bonfiglioli Riduttori e Gruppo Sabatini sono legati da anni da un proficuo rapporto di collaborazione e ora, anche alla luce dell’avvenuta consegna da parte del Presidente della Repubblica Napolitano del Premio Leonardo alla Bonfiglioli come esempio di qualità italiana all’estero, non posso che essere ancora più fiero della fiducia che la famiglia Bonfiglioli ha deciso di riporre in noi e nel nostro club”.
Victoria Liberas Pesaro, Almond: “La cosa più importante sono i tifosi”
Morris Almond che ha partecipato a Grandara all’incontro con l’Associazione Ristoratori ha così spiegato la sua carriera nel mondo del basket:
Anche se la timidezza rimane una componente fondamentale del suo carattere, Morris ha voglia di spiegarsi.
“Quella con Varese era un’occasione particolare: molti di noi stavano male per via dell’influenza, altri erano infortunati. Eravamo consapevoli che chi era in buone condizioni avrebbe dovuto prendersi delle responsabilità, non c’erano alternative. Io prediligo questo tipo di situazioni — afferma convinto —, dove serve fare qualcosa di importante e non essere uno dei tanti”.
Ma questa crisi come è nata?
“Nessuna stagione è perfetta, ci possono essere alti e bassi, poi la squadra è cambiata tante volte e non è facile adattarsi specie per chi, come me, deve essenzialmente tirare”.
Avvertiva la pressione?
“Non così forte. So che ci sono delle aspettative su di me, ma la mia mentalità è di vivere partita per partita, archiviando subito quella appena giocata. Voglio dire che ogni gara è nuova per me”.
Ha sofferto altre difficoltà, magari di tipo ambientale?
“Nostalgia di casa uno ce l’ha sempre ma non influisce sulle prestazioni, almeno non sulle mie. Non è nemmeno la mia prima volta fuori dagli Stati Uniti”.
Ha trovato molte differenze con il campionato spagnolo?
“Diciamo che ho trovato soprattutto differenze fra i campionati europei e l’Nba. In America si gioca di continuo: fra pre-season, stagione regolare e playoff si arrivano a giocare quasi cento partite e non tutte possono essere così importanti, quindi una sconfitta non provoca tutto ciò che avviene da voi. Qui ogni partita è un playoff, intensità e pressione sono diverse”.
Nonostante tutto, il pubblico ha cercato di incitarla e sostenerla: l’ha sentito?
“Eccome. Anzi, dopo lo scorso match la cosa più speciale sono stati i tifosi che volevano festeggiarmi ed io ero contento soprattutto per loro, era da tempo che non segnavo tanti punti. Devo anche dire che in queste settimane in cui le cose non andavano, ho ricevuto molti più incoraggiamenti dalla gente più di quanti ne abbia avuti quando giocavo bene. Questo l’ho apprezzato”.
Cosa si aspetta ora?
“Mi aspetto un girone di ritorno di livello superiore, mio e della squadra. Perché adesso conosco gli avversari che dobbiamo affrontare e noi siamo finalmente la squadra definitiva. Credo che possiamo alzare il livello delle nostre prestazioni”.
Di sicuro a Roma vorrà cercare di farsi un bel regalo di compleanno visto che il 2 febbraio compirà 26 anni. Non ci sarebbe niente di meglio che un’altra partita convincente per cancellare il giocatore triste e insicuro che sembrava diventato. E per rivedere il sorriso che gli abbiamo visto l’altra sera al Vuelle party.
Montepaschi Siena, Pianigiani: “Non potevo chiedere di più”
Simone Pianigiani, coach della Montepaschi Siena e della nazionale ha così commentato la sconfitta casalinga in Euro Lega contro Real Madrid, gara terminata 68-78:
Lo ha detto Messina, senza piaggeria:
“La Montepaschi è una grandissima squadra, ha giocato su un campo dove il pubblico fa tutt’uno con i giocatori. E poi ha giocato senza Mc Calebb, una perla, un gran giocatore”.
Poi arriva Pianigiani. Che riceve i complimenti da tutti ma per questo non può essere ovviamente contento.
“Credo che la partita sia molto semplice da spiegare rispetto ad altre volte. Abbiamo fatto un extrasforzo, una gran partita per tre quarti, in ogni zona del campo, attingendo risorse da ognuno, facendo qualcosa in più, in attacco e in difesa. Non potevo chiedere di più ai miei giocatori per il gap di palle perse, cosa che dopo l’infortunio di Mc Calebb non è andata molto bene.
Poi è chiaro che in momenti chiave devi mettere qualche canestro in più, soprattutto di quelli aperti. Loro invece hanno messo tiri allo scadere, con Lull, con Reyes. E quando potevamo fare un passo in più, ricordo sul quel +17, abbiamo sbagliato subendo la tripla sull’altra parte del campo. Quando poi vedi che ti recuperano, l’inerzia è normale che possa passare dall’altra parte.
Ma non posso dire niente ai miei giocatori, credo che abbiamo dato ancora una volta un’immagine importante, di un gruppo nuovo in fase di riassestamento, di riassetto. C’è stato l’esordio di Akindele, abbiamo provato a giocare con Lavrinovic da 4. Bastava poco, bastavano un paio di triple che ci avrebbero dato ossigeno”.
Euroleague chiusa?
«Non possiamo guardare alla classifica in questo momento. Se faccio una considerazione di classifica dico che siamo al 99% fuori. Ma noi abbiamo un modo di approcciare questa competizione che non ci permette di farci troppi problemi sulla classifica.
Questo è un periodo della stagione in cui le cose non sono andate come volevamo e non certo per causa nostra. Ma queste sono situazioni che devono lasciare un allenatore consapevole di certi valori che la squadra ha dimostrato di avere”.
Lo ha detto Messina, senza piaggeria: “La Montepaschi è una grandissima squadra, ha giocato su un campo dove il pubblico fa tutt’uno con i giocatori. E poi ha giocato senza Mc Calebb, una perla, un gran giocatore”. Poi arriva Pianigiani. Che riceve i complimenti da tutti ma per questo non può essere ovviamente contento. “Credo che la partita sia molto semplice da spiegare rispetto ad altre volte. Abbiamo fatto un extrasforzo, una gran partita per tre quarti, in ogni zona del campo, attingendo risorse da ognuno, facendo qualcosa in più, in attacco e in difesa. Non potevo chiedere di più ai miei giocatori per il gap di palle perse, cosa che dopo l’infortunio di Mc Calebb non è andata molto bene. Poi è chiaro che in momenti chiave devi mettere qualche canestro in più, soprattutto di quelli aperti. Loro invece hanno messo tiri allo scadere, con Lull, con Reyes. E quando potevamo fare un passo in più, ricordo sul quel +17, abbiamo sbagliato subendo la tripla sull’altra parte del campo. Quando poi vedi che ti recuperano, l’inerzia è normale che possa passare dall’altra parte. Ma non posso dire niente ai miei giocatori, credo che abbiamo dato ancora una volta un’immagine importante, di un gruppo nuovo in fase di riassestamento, di riassetto. C’è stato l’esordio di Akindele, abbiamo provato a giocare con Lavrinovic da 4. Bastava poco, bastavano un paio di triple che ci avrebbero dato ossigeno”. Euroleague chiusa? «Non possiamo guardare alla classifica in questo momento. Se faccio una considerazione di classifica dico che siamo al 99% fuori. Ma noi abbiamo un modo di approcciare questa competizione che non ci permette di farci troppi problemi sulla classifica. Questo è un periodo della stagione in cui le cose non sono andate come volevamo e non certo per causa nostra. Ma queste sono situazioni che devono lasciare un allenatore consapevole di certi valori che la squadra ha dimostrato di avere”. |
Virtus Bologna, Sabatini: “Il futuro è nostro”
Claudio Sabatini, presidente della Virtus Bologna ha voluto ripercorrere con le sue parole la sua storia personale alla guida della società emiliana. Dal 2003, quando Sabatini salvò la Virtus Bologna fino al presente: “Nel 2003, quando ho salvato la Virtus, dicevano che ero una meteora: sono ancora qui”. E aggiunge: “Leggo che il momento del mio club è difficile, ma non sono mai stato tranquillo come adesso”. E giù un’altra risata. Sabatini, otto vinte e otto perse con la Virtus: si aspettava di più? “No: è l’esatta fotografia del nostro campionato. Squadra rivoluzionata, giovane e spesso monca, per infortuni o fughe di americani: va bene così”. Nell’emergenza non è corso ai ripari: significa che la Virtus sarà questa fino alla fine? “Tutto si può modificare. Lavoriamo con un gruppo eccellente, ma l’attenzione al mercato c’è sempre: se capita l’occasione buona, la coglieremo. Come abbiamo fatto con Rivers: ottimo giocatore, persona super”. Sabatini sta cambiando: oltre che coerente sta diventando paziente… “L’esperienza aiuta: oggi non mi saltano più i nervi se perdo male una partita come a Cantù. Ripeto: qui c’è gente giusta, se possiamo andremo avanti con loro”. E’ sempre dell’idea di allungare il contratto a Lardo? “Assolutamente sì: se vorrà rimanere, sa che con lui mi trovo bene”. La qualità migliore del suo allenatore? “E’ un aziendalista, oltre che un grande tecnico: prima dei suoi interessi di carriera mette quelli della società”.
Soddisfatto dei risultati, lo è anche dei giovani?
“Devono crescere tutti: lo stesso Rivers lo scorso anno era un rookie”.
Moraschini, però, potrebbe partire…
“Solo se avrà più spazio che qui. Anche lui sta migliorando: gli manca soltanto la sfacciataggine per giocare spensierato”.
Sabatini che manda via l’unico bolognese: non è uno spot alla rovescia?
“No, se la destinazione è un club che lo tiene in campo 25 minuti: è la condizione per lasciarlo andare. Bisogna guardare avanti”.
Di quanto?
“Almeno 4-5 anni. Per questo domenica, lasciando il garage di Cantù, non ero abbattuto: loro hanno vinto una partita, ma il futuro è nostro”.
Nel conto della stagione anche una FuturStation da ottomila fissi sugli spalti: come si fa?
“Lavorando tutti i giorni, ringraziando giocatori e dirigenti che vanno nelle scuole e nei supermercati. Abbiamo la fiducia di un grande pubblico, per metà formato di under 18: il nostro è un progetto globale”.
Altro progetto, il Gira: risultati a parte, è in linea con le attese?
“Date le premesse, sì: i nostri giovani devono fare esperienza, lì giocano 25 minuti ogni weekend. Stiamo già pensando al loro futuro”.
In che modo?
“Questi ragazzi sono un patrimonio, vogliamo che crescano ancora. L’accordo che abbiamo fatto a Ozzano con tre persone fantastiche come Di Giansante, Vacchi e Buriani vogliamo ripeterlo con una società di LegaDue, in modo da migliorare ancora i nostri giocatori”.
Non è così disperato Sabatini, allora?
“Per una partita persa? Guardi, ci aspettano la gara con Brindisi e la trasferta di Avellino, che hanno i loro problemi (gli irpini hanno perso il centro Troutman per il resto della stagione, ndr). Se non sorridiamo noi, chi può farlo?”.
Lei non parla mai di classifica…
“Perché non è un patema: più vinciamo meglio è, ma prima di tutto mi interessa sviluppare il progetto giovani”.
Cosa le dicono i suoi colleghi?
“Li sento poco. Ma vedo che cambiano molto: Milano un allenatore e due giocatori, Treviso l’americano, anche Roma il tecnico. Parliamo di club che a budget stanno di gran lunga meglio di noi: qualcuno ottiene anche meno”.
Per questo se la ride?
“Ho altri motivi, più diretti. Stiamo organizzando le finali nazionali Under 17, rifaremo Basket for life, anche se non nei giorni della Coppa Italia”.
A proposito: alla Final Eight di Torino con che spirito andrete?
“Rilassati: quel che viene, viene. Speriamo ci sia gente, a noi è toccata una buona squadra come Montegranaro”.
Non sente la pressione?
“Quale pressione? L’insoddisfazione la leggo solo su qualche giornale: evidentemente, c’è chi vuole creare tensione dove non c’è. Questo è un buon gruppo, se c’è qualcosa che non va si sistema”.
La ricetta?
“Domani (stasera, ndr) porto tutta la squadra a mangiare la pizza. L’ho fatto spesso in anni passati, quest’anno è la prima volta: dopo una brutta sconfitta, stiamo assieme, come una buona famiglia”.
Sabatini, lei ha cambiato rotta. E il basket?
“Fermissimo: stesse facce, stessi modi, stessi discorsi. BasketCity è l’eccezione: qui vengono in 8 mila alle partite, altrove chi ne fa di più si ferma a metà”.
Le manca la Fortitudo?
“Se si intende quella vera, un pò sì. E anche il derby. Ma era scritto”.
Cosa?
“Nello sport serve anche passione e io in questi anni ho visto passare fior di miliardari: Gazzoni, Seragnoli, Cazzola, Bandiera, Martinelli, Sacrati, Menarini, Porcedda e adesso il re del caffè Zanetti. Alcuni sono finiti male, io sono ancora qui. Oggi la Virtus è un palazzo, un museo, due squadre, il miglior settore giovanile d’Italia, una gestione invidiabile. Sono fatti, e non chiacchiere: quelle le lascio agli altri”.
Ride: “Nel 2003, quando ho salvato la Virtus, dicevano che ero una meteora: sono ancora qui”. E aggiunge: “Leggo che il momento del mio club è difficile, ma non sono mai stato tranquillo come adesso”. E giù un’altra risata. E’ un Claudio Sabatini un pò giù di voce, ma decisamente su di tono quello che ha da poco superato la boa di metà campionato con le sue due squadre, la Canadian Solar e il Gira. Con un bilancio in linea con le previsioni della vigilia: le sue, perlomeno. Perché il “Sabba”, prima della stagione, aveva messo in cima alla lista degli obiettivi quello di far crescere i giovani. Da lì in poi, la sua rotta l’ha mantenuta. Sabatini, otto vinte e otto perse con la Virtus: si aspettava di più? “No: è l’esatta fotografia del nostro campionato. Squadra rivoluzionata, giovane e spesso monca, per infortuni o fughe di americani: va bene così”. Nell’emergenza non è corso ai ripari: significa che la Virtus sarà questa fino alla fine? “Tutto si può modificare. Lavoriamo con un gruppo eccellente, ma l’attenzione al mercato c’è sempre: se capita l’occasione buona, la coglieremo. Come abbiamo fatto con Rivers: ottimo giocatore, persona super”. Sabatini sta cambiando: oltre che coerente sta diventando paziente… “L’esperienza aiuta: oggi non mi saltano più i nervi se perdo male una partita come a Cantù. Ripeto: qui c’è gente giusta, se possiamo andremo avanti con loro”. E’ sempre dell’idea di allungare il contratto a Lardo? “Assolutamente sì: se vorrà rimanere, sa che con lui mi trovo bene”. La qualità migliore del suo allenatore? “E’ un aziendalista, oltre che un grande tecnico: prima dei suoi interessi di carriera mette quelli della società”. Soddisfatto dei risultati, lo è anche dei giovani? “Devono crescere tutti: lo stesso Rivers lo scorso anno era un rookie”. Moraschini, però, potrebbe partire… “Solo se avrà più spazio che qui. Anche lui sta migliorando: gli manca soltanto la sfacciataggine per giocare spensierato”. Sabatini che manda via l’unico bolognese: non è uno spot alla rovescia? “No, se la destinazione è un club che lo tiene in campo 25 minuti: è la condizione per lasciarlo andare. Bisogna guardare avanti”. Di quanto? “Almeno 4-5 anni. Per questo domenica, lasciando il garage di Cantù, non ero abbattuto: loro hanno vinto una partita, ma il futuro è nostro”. Nel conto della stagione anche una FuturStation da ottomila fissi sugli spalti: come si fa? “Lavorando tutti i giorni, ringraziando giocatori e dirigenti che vanno nelle scuole e nei supermercati. Abbiamo la fiducia di un grande pubblico, per metà formato di under 18: il nostro è un progetto globale”. Altro progetto, il Gira: risultati a parte, è in linea con le attese? “Date le premesse, sì: i nostri giovani devono fare esperienza, lì giocano 25 minuti ogni weekend. Stiamo già pensando al loro futuro”. In che modo? “Questi ragazzi sono un patrimonio, vogliamo che crescano ancora. L’accordo che abbiamo fatto a Ozzano con tre persone fantastiche come Di Giansante, Vacchi e Buriani vogliamo ripeterlo con una società di LegaDue, in modo da migliorare ancora i nostri giocatori”. Non è così disperato Sabatini, allora? “Per una partita persa? Guardi, ci aspettano la gara con Brindisi e la trasferta di Avellino, che hanno i loro problemi (gli irpini hanno perso il centro Troutman per il resto della stagione, ndr). Se non sorridiamo noi, chi può farlo?”. Lei non parla mai di classifica… “Perché non è un patema: più vinciamo meglio è, ma prima di tutto mi interessa sviluppare il progetto giovani”. Cosa le dicono i suoi colleghi? “Li sento poco. Ma vedo che cambiano molto: Milano un allenatore e due giocatori, Treviso l’americano, anche Roma il tecnico. Parliamo di club che a budget stanno di gran lunga meglio di noi: qualcuno ottiene anche meno”. Per questo se la ride? “Ho altri motivi, più diretti. Stiamo organizzando le finali nazionali Under 17, rifaremo Basket for life, anche se non nei giorni della Coppa Italia”. A proposito: alla Final Eight di Torino con che spirito andrete? “Rilassati: quel che viene, viene. Speriamo ci sia gente, a noi è toccata una buona squadra come Montegranaro”.
Non sente la pressione? “Quale pressione? L’insoddisfazione la leggo solo su qualche giornale: evidentemente, c’è chi vuole creare tensione dove non c’è. Questo è un buon gruppo, se c’è qualcosa che non va si sistema”. La ricetta? “Domani (stasera, ndr) porto tutta la squadra a mangiare la pizza. L’ho fatto spesso in anni passati, quest’anno è la prima volta: dopo una brutta sconfitta, stiamo assieme, come una buona famiglia”. Sabatini, lei ha cambiato rotta. E il basket? “Fermissimo: stesse facce, stessi modi, stessi discorsi. BasketCity è l’eccezione: qui vengono in 8 mila alle partite, altrove chi ne fa di più si ferma a metà”. Le manca la Fortitudo? “Se si intende quella vera, un pò sì. E anche il derby. Ma era scritto”. Cosa? “Nello sport serve anche passione e io in questi anni ho visto passare fior di miliardari: Gazzoni, Seragnoli, Cazzola, Bandiera, Martinelli, Sacrati, Menarini, Porcedda e adesso il re del caffè Zanetti. Alcuni sono finiti male, io sono ancora qui. Oggi la Virtus è un palazzo, un museo, due squadre, il miglior settore giovanile d’Italia, una gestione invidiabile. Sono fatti, e non chiacchiere: quelle le lascio agli altri”. |
Barcellona, Basile: “Il compleanno peggiore”
Gianluca Basile, playmaker italiano del Barcellona, operato al piede dovrà seguire nei prossimi mesi un lungo percorso riabilitativo. Il cestista originario di Ruvo di Puglia che proprio ieri ha festeggiato il suo trentaseiesimo compleanno, ha comunque sempre detto di non voler mollare nonostante il periodo difficile:
Gianluca Basile, è dura augurarle buon compleanno, in un periodo come questo.
«È il peggiore di tutti. Già l’operazione al piede, nel novembre scorso, mi aveva spiazzato. Non ero mai finito sotto i ferri prima. Ora è successo di nuovo, mentre mi allenavo con i giovani. Uno dei primi allenamenti dopo la ripresa, nemmeno durissimo. Tutto da capo. Non pensavo che avrei dovuto subire un nuovo intervento. Quando me l’hanno detto, è stata una mazzata».
Nuova frattura, nello stesso punto. Sfortuna massima.
«Mi dicono che ci sono pochi casi del genere. Ho parlato con Recalcati, mi ha spiegato che è successo qualcosa di simile anche a Ranniko. Ma è una consolazione da poco: resta una mazzata che fai fatica ad accettare. Dopo tutti i sacrifici che ho fatto per tornare quello di prima, ci sono dentro esattamente come due mesi fa».
Con il rischio di aver chiuso la stagione.
«I tempi sono gli stessi. Tre mesi per rivedere il campo. Potrei farcela per la Final Four d’Eurolega, se riuscissimo a conquistarla. Ma parliamoci chiaro: in squadra siamo quattordici, è difficile pensare che il coach si affidi proprio in quell’occasione a uno che è fuori da mesi per infortunio».
Che cosa sta pensando, in questi giorni?
«Che il tempo passa, che gli anni sono trentasei, e che devo stare a guardare. È tutto molto triste».
Un leone ferito, ma abituato a combattere.
«E infatti ora penso a guarire bene. Ma certi pensieri cupi arrivano: non ero mai stato operato in carriera, non ero mai rimasto fuori così a lungo. Col Barcellona rinnovo il contratto di anno in anno, ci sta che la prossima e-state mi dicano che non hanno più bisogno di me. E c ‘è di peggio…»
Parliamone, cosi la parte più brutta della storia la lasciamo alle spalle…
«C’è che se una cosa dei genere dovesse capitare un’altra volta, significherebbe carriera finita».
Insistiamo: non immaginiamo un Basile arrendevole.
«Il lato positivo è che a trentasei anni sono qui. Un giocatore del Barca. Sto bene, ho il ricordo di una Supercoppa giocata bene, appena quattro mesi fa. So di poter valere ancora questo basket, se sto bene. Non mi sento a fine corsa. Ma mantenere questi livelli è dura, e questo stop non mi aiuta a guardare avanti con serenità».
Pensi a Bologna, allora. Un posto dove in molti non la dimenticano.
«Ed è un pensiero che mi aiuta. Se non dovesse andar bene potrei pensare di rientrare in Italia. Negli anni scorsi mi hanno anche cercato, ma il Barcellona continuava a rinnovarmi il contratto. Se u-na società come questa ti dà fiducia, lasciarsela alle spalle è difficile».
Basketcity vive di ricordi. Ci butta un occhio, di tanto in tanto?
«Seguo il campionato, ma ammetto che l’interesse da quando la Fortitudo non è più ad alta quota è meno intenso. È un’assenza che si sente. Sono contento che lo spirito e l’idea non siano andate perdute, ma il cammino per tornare lassù mi sembra lungo».
E il campionato in generale? Che pensa del ritorno in panchina di Peterson?
«Quando me l’hanno detto ne sono stato felice. Io il suo periodo da coach non l’ho vissuto, ma attraverso le sue telecronache mi sono innamorato del basket Nba, ai tempi delle sfide tra Magic e Jordan. È stato una guida, per me. E oggi è un esempio per tanti: vive ancora la panchina come se avesse vent’anni».
Mille voci dicono di Messina a Milano dalla prossima stagione. Sarà l’anno dei ritorni, il prossimo?
«Ettore è un grande tecnico. Ma chiunque tornasse, si chiami Messina, Basile o che altro, non cambierebbe il livello del campionato italiano. Sarebbe una cosa nuova all’inizio, questo sì».
E quel livello com’è?
«Le piccole si avvicinano alle grandi, ma Siena resta lassù. E cresce. Ha chances di entrare nella Final Four, e vedendola giocare un paio di mesi fa non avrei detto la stessa cosa. Per il resto, aspetto di vedere se Peterson saprà dare la scossa giusta a Milano»
Pepsi Caserta, Sacripanti: “Dobbiamo perdere il minor numero di palloni possibili”
Stefano Sacripanti, coach della Pepsi Caserta, ha così analizzato la prossima gara contro il CEZ Arena Pardubice in Europa Cup: “Il Nymburk – osserva coach Sacripanti – è una squadra che in casa soprattutto gioca una pallacanestro ad un ritmo alto, cercando di finalizzare nei primi secondi dell’azione. Ciò è dimostrato anche dagli 83 punti di media che segna per partita. I cechi sono, poi, molto bravi ad attaccare il canestro e scaricare sul perimetro mettendo in ritmo i tiratori che dall’arco dei 3 punti realizzano con una percentuale del 40%.
Alla luce di tutto ciò – continua il tecnico bianconero – è evidente che dovremo per prima cosa fermare la loro transizione offensiva iniziando da un attacco equilibrato e cercando di perdere il minor numero di palloni possibili; poi, – conclude Sacripanti – dovremo cercare di “sporcare” la loro percentuale del tiro da 3 punti. Purtroppo, non abbiamo avuto molto tempo per preparare il confronto, ma faremo il possibile per cercare un successo che potrebbe rappresentare un grande passo avanti verso la qualificazione ai quarti di finale”.
Fabi Shoes Montegranaro, Cannella: “E’ stata una partita emozionante”
Marco Cannella, amministratore delegato della Fabi Shoes Montegranaro che, nell’ultima gara di campionato, ha sconfitto in trasferta il Dinamo Sassari ha voluto parlare del buon andamento di forma della sua squadra ora quarta in classifica con 18 punti a 4 lunghezze dal Bennet Cantù:
La squadra ha risposto alla grande, pur priva del suo playmaker di ruolo, Tony Maestranzi. Non nasconde il proprio entusiasmo l’amministratore delegato della Sutor, Marco Cannella, per la vittoria di Sassari:
“Una partita emozionante: potevamo chiuderla prima, ma c’era molta pressione nel palazzetto stracolmo. Sospinti dal pubblico ci hanno ripreso, ma con calma e autorità siamo andati avanti di sette punti (65-72 al 35’). Avevamo in mano la partita. Poi alla fine abbiamo un po’ rischiato, ma meritavamo il successo”.
I ragazzi?
“Sono stati tutti eccezionali, anche Canavesi che ha giocato solo 2 minuti, Antonutti che si è speso per la squadra facendo un lavoro oscuro, Allan Ray che ha dato prova del suo talento. Con i 14 punti realizzati nell’ultimo quarto ha spezzato il match”.
Quale la chiave della partita?
“Il piano prevedeva di non farli correre. Purtroppo all’inizio ci sono riusciti e ci hanno messo un pò in difficoltà. Ma abbiamo ragionato, con Cinciarini che, in regia, ha sostituito egregiamente Maestranzi”.
Quanto ha influito la vittoria nella lotta al rimbalzo?
“Moltissimo, ne abbiamo presi 11 di più e in difesa siamo stati molto intensi. Ivanov, a parte i 15 rimbalzi conquistati, ha fatto 10/11 dalla lunetta. Miglioriamo e questo sta a significare che i ragazzi sono concentrati. Cavaliero è stato incredibile: in difesa ha fatto un lavoro oscuro, massacrante e quando gli avversari mettevano il naso avanti lui si assumeva la responsabilità del tiro ricacciandoli indietro. Insomma mi sono piaciuti tutti. Mi sono piaciuti il loro modo di stare in campo, come hanno vinto: pur consapevoli di aver compiuto un’impresa, non si siano esalttai”.
Adesso?
“Dobbiamo guardare ai prossimi impegni con attenzione: ci vuole un nulla per ritrovarsi in una zona di classifica insoddisfacente. Domenica prossima, intanto, al PalaSavelli arriva Siena. Mi aspetto un palazzetto colmo perché questi ragazzi lo meritano”.
Virtus Bologna, Amoroso: “Non mi piace perdere”
Il cestista italiano della Virtus Bologna Valerio Amoroso, ex Teramo e due volte campione italiano di uno contro uno, ha commentato così il suo nervosismo nell’ultima partita persa dal Canadian Solar Bologna contro il Bennet Cantù:
“Io sono uno a cui non piace perdere – spiega Amoroso – quando non vinco sono molto arrabbiato e magari dico cose che non sempre vengono capite. Abbiamo giocato male, questo è stato sotto gli occhi di tutti e quindi non abbiamo messo in pratica quello che avevamo preparato per questa gara. Vorrei sempre vincere e quando non succede perdo un pò la mia diplomazia. Posso, però assicurare che non c’è nessun caso”.
Da lì, il commento salace di Amoroso:
“Tante cose in squadra non hanno funzionato”.
Non è tutto. Gli spifferi che escono dallo spogliatoio raccontano di un rapporto teso fra Amoroso e coach Lardo.
“Credo che in questo ci sia tanta leggenda – prosegue il giocatore – perché anche in passato i rapporti con i coach che mi hanno allenato sono sempre stato particolari. Penso che a tutti i giocatori sia capitato di avere confronti anche duri con la propria panchina, per come sono fatto io dico sempre quello che penso anche se può risultare scomodo, ma mantengo sempre il rispetto dei ruoli. Penso che questo sia capitato a tutti i miei colleghi. Io con Lardo ho un rapporto normale, lui chiede e io eseguo”.
Insomma, una convivenza e non un amore.
“L’allenatore non può essere il miglior amico di un giocatore, ma questo non significa che non ci sia un’intesa, avere un confronto non significa rompere — dice Amoroso — Ribadisco di essere una persona che dice sempre quello che pensa e che non ci sta a perdere. Per vincere nella pallacanestro bisogna giocare di squadra e seguire l’allenatore. Non credo sia una questione tecnica quanto il fatto che per la prima volta in carriera gioco in un grande club. Forse è questo il problema, ma io sono contento di stare qui, non ho mai pensato di andarmene e non ho problemi con nessuno dei miei compagni né con il mio allenatore. Possono esserci delle incomprensioni, ad esempio ho rivisto la telecronaca di Sky e ascoltando i commenti ho capito che certi miei atteggiamenti sono stati fraintesi. Può succedere e devo io starci attento perché in futuro non avvenga”.