- Sidigas Avellino batte Acea Roma in terra capitolina, show romano di Marques Green, il più piccolo giocatore del campionato: dopo Cremona un’altra vitttoria orfana dei nostri giocatori quando la classifica incoraggia l’utilizzo dei nostri come ha fatto la Benetton lanciando Alessandro Gentile. Il CT Pianigiani presenta la squadra azzurra senza dare nomi e cognomi, si continua ad andare avanti sulla fiducia
Di Enrico Campana
- Questa puntata della rubrica settimanale vorrebbe essere un invito alla riflessione per il rispetto della persona e dell’opinione pubblica che paga il biglietto, il canone Tv e i giornali contro il pericolo dell’ipocrisia (in questo caso mercantilistica, di sistema) dell’Inner-Circle che trova rifugio in menti piatte, inclini agli interessi di bottega. Quando invece il basket dovrebbe dare con Dino Meneghin un segnale “vibrante e vivissimo” come dice Crozza imitando Napolitano per ridestare l’attenzione su quello che si è proposto come fenomeno sociologico di sport del nostro paese dopo gli Anni Cinquanta fino a un decennio fa.
- Questa puntata lega le storie di Marques Green e dello sparuto drappello di italici cestisti impegnati eroicamente – vedi Alessandro Gentile, il nostro Balilla, e i molti-multa trentenni (Righetti, Marconato, Basile, Soragna, Garri) – a crearsi un varco nel territorio dei “passaportati” di ogni fatta e provenienza, probabilmente una principali ragioni di un basket di minor successo,m decentrato, snobbato dalle metropoli, senza la propria identità, regolarmente bastonato nonostante 3 giocatori NBA quando tenta di esprimere una nazionale all’altezza delle sue tradizioni, incapace di portare a casa da un decennio la Coppa dei Campioni ma anche l’Eurocup.
- Un basket certamente meno amato di una volta anche se paradossalmente più visibile (una partita in chiaro, l’altra in digitale, dirette nelle Tv territoriali, una coperta sempre troppo corta e non della qualità desiderata). Un basket che ha scelto la teledipendenza perché crede nell’immagine più che la sostanza, la produzione di giocatori, e non sfora l’1 per cento settimanale nei ratings, quando a livello di prodotto commerciale sotto il 13 per cento vieni cancellato. La gente vorrebbe gli istant reply delle azioni spettacolari e n on i primi piani dei presidenti (pagatori e non), stimatissimi ma ai più ignoti tanto da suscitare commenti irritanti, come letto sul sito di La7.
- Questa puntata si potrebbe può intitolare “Salvate il soldato Ryan”, il titolo di un film Oscar di Spielberg dedicato allo sbarco americano in Normandia trasformatosi in una efficace locuzione ad uso dei media quando si vuole porre l’attenzione sul grado di utilità di un sacrificio umano. In realtà, sarebbe forse più azzeccato parlare dei nostri eroismi, e di ritirata del Piave, ma l’algoritmo di Google è più sensibile quando intercetta a un riferimento al grande sacrificio americano e la nuova massa critica è la rete, l’istante, mentre il giornale è già il day-after.
- Marques Green ci riporta alla leggenda di colui che porta il nome, Marques Haynes il piccoletto di colore che negli anni della lotta per la parità razziale, Anni Quaranta, era la star degli Harlem Globetrotters prima di Meadowlark Lemon e Curly Neal. Quando il campionato professionistico aprì ai fratelli neri, Haynes fu ingaggiato (con una cifra record, credo 40 mila dollari) da Filadelfia la città dell’infanzia di Green per cui i suoi genitori, come tanti altri iscrissero all’anagrafe, in ricordo di quell’evento, i figli col nome del funambolico giocatore. Haynes fondò poi i Magician tornando successivamente con gli Harlem, il marchio più conosciuto al mondo dopo la Coca Cola, per chiudere la sua favolosa carriera agli inizi degli Anni Novanta entrando nella Hall of Fame come il cestista più conosciuto al mondo, capace in un solo secondo di fare ben 6 dribbling, come fu cronometrato.
- Un po’ di quella fantastica storia è arrivata nella nostra Spaghetti-League, speriamo sappiano raccontarla i nostri telecronisti che ogni due per tre si sforzano di convincerci che stiamo assistendo allo spettacolo più bello al mondo, più di una finale olimpica o della NBA, magari considerandosi loro le star del giochino. Pietà… Ma il basket è comunque un pianeta popolato di figure eccezionali e strane, con i suoi santi e i suoi “imbroglioni”(intendiamoci: detto per metafora, che alcun ne abbia a male…). Fortuna vuole che dal pianeta di Gigantopoli sia arrivato fino a noi questo “piccolissimo piccoletto” fra il metro e 63 e 65, pelle scura, sempre sorridente. “Sua bassezza” Marques Green non potrebbe nemmeno trovare lavoro come quei portieri d’albergo che accolgono i clienti sotto le pensiline dei più famosi hotels della Quinta Strada. La sua è una storia degna del verismo cinematografico americano di Frank Capra, perché il piccolissimo Green era già da bambino una leggenda del playground di Filaldelfia tanto da guadagnarsi al college (quando già era padre del primo figlio avuto a 17 anni), il prestigioso trofeo Bob Cousy di miglior playmaker degli Stati Uniti. Il trofeo avrebbe dunque dovuto spalancargli le porte della NBA, o campionati-surrogati europei, snobbato dalla Spagna in Italia in Italia è arrivato tardi,dopo varie esperienze in Francia accasandosi poi a Pesaro e infine, dopo una parentesi in Turchia, ad Avellino dove è certamente l’idolo della gente.
- Immancabilmente dopo uno dei suoi frequenti one-man-show stagionali, dal record di 20 assist contro l’Armani in Coppa Italia al titolo di MVP della stagione fino all’ ultimo in ordine di tempo, la vittoria di Avellino a Roma di questa domenica con 34 punti e 47 di valutazione, quel che si dice una partita mostruosa, tutti si chiedono perché mai la NBA, il generoso American Dream, abbia chiuso le porte in faccia al piccolo genio di Filaldelfia, dotato anche da un sorriso che conquista, e premiato invece eccezioni non più degne di lui. Parlo di Tyrone Bogues, il “nano Bagonghi” del Barun cestistico, o Earl Boykins, il play dell’ultima miglior stagione della Virtus Bologna costretta a inchinarsi a Siena in una sconfitta di sistema, ovvero fra le solite mille polemiche.
- La storia di Marques è simile a quella di altri illustri “piccoli incompresi”, ad esempio i nostri vincenti Caglieris e Pozzecco, senza dimenticare altri marchiani errori di valutazione dei professoroni NBA, come nel caso di due play fondamentali per le fortune di Siena. Infatti l’America l’hanno trovata a Siena Terrel McIntyre e Bo McCalebb che, caso curioso, ha rubasto proprio a Marques Green il posto del collega nella nazionale macedone completando il lavoro agli ultimi europei.
- Sul trasferimento di Gentile a Milano trovate nel sito una precedente nota con l’ufficializzazione del suo passaggio all’Armani sperando di vederlo in campo, se mai il coach vorrà, per essere il jolly vincente nella gara di Belgrado che l’Armani deve vincere di 5 punti per entrare fra le Top 16 (dove ci sono già Siena e Cantù). Tornando al Marques Green-Show di Roma dove un giocatore così, molto simile a un altro leggendario piccoletto, quel Larry Wright che scelto da Valerio Bianchini contribuì allo scudetto e alla Coppa dei Campioni (la prima e l’ultima di una Roma commovente per la capacità di prendere sempre la strada sbagliata), ammirevole certamente la risposta degli strangers ai problemi di bilancio, fatto certificato dalla multa di 45 mila euro della Comtec arrivata alla vigilia della gara: ma ditemi voi se in un campionato professionistico, che dovrebbe avere una cassa di compensazione, a che serve multare una squadra in rosso, se non a farla cadere nel baratro?. Tuttavia il Ground Zero del nostro basket proprio grazie ad Avellino si è allargato, e purtroppo non è più un fenomeno isolato, per la seconda settimana consecutiva una squadra italiana vince con i soli punti degli stranieri. Cosa ancor più preoccupante di quanto accaduto a Cremoma: stavolta i 5 gli italiani non sono stati mandati in campo e stiamo andando sempre più verso un campionato apolide, basta dare uno sguardo alla classifica nella voce “Dietro la lavagna”.
- Per fortuna ci salverà – così ci rassicura la Fip – il Settore Tecnico nazionale. Passati ben 3 mesi dalla tremenda sberla agli europei, quando l’argomento invece doveva essere già trattato e risolto, Simone Pianigiani nell’ultimo week finalmente si è potuto allontanare da Siena complice il turno di riposo calandosi nei panni del CT della nazionale per illustrare al Consiglio federale il piano di rilancio. E, col contratto già in tasca fino dopo le Olimpiadi di Londra, e quindi il pre-europeo è tanto facile che sia scontato un altro biennio sulla fiducia più che sui risultati. E’ davvero oltre che bravo è anche un uomo fortunato. Va molto peggio a tutti noi fans del basket e della maglia azzurra che vedremo I Giochi dal binocolo, e questo nonostante il gran capo dello sport italiano Gianni Petrucci ce li avesse garantiti.
“Senza coscienza comune e collettiva del momento che stiamo vivendo – così Pianigiani ha riassunto il suo pensiero alto – ogni tipo di percorso è complesso. Ringrazio la Fip per essere riuscita a portare grandi professionalità all’interno dello staff della Nazionale; non c’è altra alternativa a questo percorso e credo che la Federazione, dotandosi di questa struttura, abbia una base solida per potersi confrontare apertamente con i club e con tutto ciò che ruota intorno ai giocatori”.
- Siccome nella sua città Siena, si dice che le parole non fanno frittelle, e siccome il CT è pagato con denaro pubblico, davo però per scontato che dopo ben 3 mesi di parto oltre al suo ringraziamento alla Fip (e ci mancherebbe altro, guadagnare 400mila euro come doppio stipendio in un biennio nero non è facile di questi tempi) ci presentasse invece i suoi collaboratori con nomi e cognome, incarichi, e le linee guida del progetto. Sulle grandi professionalità nessuno dubita, ma sarà meglio rivedere accordi sulla fiducia e prenderli sui risultati, quel che conta è la prova del campo, l’umiltà, il coraggio che si richiede a chi è alla guida del movimento financo sfidandolo se occorre, come faceva Giancarlo Primo.
- Il problema è che ovviamente il CT non può scagliare certo la prima pietra chi è a capo del sistema, tutti sono perciò ansiosi di conoscere sapete nomi e cognomi, titoli, giocatori costruiti, esperienze internazionali, perché è questo che conta. E soprattutto una data certa sulla riscossione della fiducia, perché questa parodia da “Aspettando Godot” alla fine è sempre un comodo salvagente, aun coach professionista si richiede di lavorare sull’oggi e non sul domani. Per questo, ovvero per la serie “allenatori italiani, questi coraggiosi” trovo eccessivamente cautelative, rispetto ai due titoli europei che nessuno gli ha regalato (purtoppo conquistati con la Spagna, e non con gli azzurri), le dichiarazioni con cui Sergio Scariolo ha rilasciato sull’arrivo di Gentile alla vigilia del match col Partizan. Il coraggio non sempre è trasmissibile, ma certo aiuta.
- MVP Marques Green (Avellino) il tappo del campionato (1,65) continua la serie dei grandi record, 47 di valutazione e 34 punti a Roma che da anni sogna un giocatore
- QUINTETTO IDEALE M.Green (Avellino), G.Poeta (B ologna), Shakur (Casale), Stipcevic (Varese), A.Righetti (Caserta)
- DIETRO LA LAVAGNA – Classifica dell’incidenza dei punti degli italiani nel’l1.agiornata (al top Righetti: 30 punti): 47,7 Bologna, 45 Treviso, 44,3 Caserta,38,4 Cremona, 33,3 Pesaro, 31,8 Armani,22,9 Roma, 21,9 Teramo, 20,8 Montegranaro, 20 Casale, 19,1 Biella18 Sassari, 17,7 Varese, 13,8 Cantù, 10 Venezia, 0 Avelino. Come volevasi dimostrare: nel gruppo delle prime 6 squadre, 5 hanno vinto grazie agli italiani, sotto il 22 % nel rapporto punti con gli stranieri 1 vittoria e 3 sconfitte, sotto il 20% 1 vittoria e 4 sconfitte, poi c’è lo zero di Avellino che fa storia a se…
- AGENDA SETTIMANALE – Per la 10.a giornata di Euroleague, mercoledì 21 Prokom-Siena (Gdynia 20.45), giovedì Partizan-Armani (Belgrado, 20.45) e Bennet-Fenerbahce (Desio, 20). Per la 12. giornata di campionato, in Tv sabato di Santo Stefano anticipo La7 Bennet-Armani (ore 17.30), domenica posticipo Rai Sport1 Avellino-Caserta (20.30)
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