Miniturno altamente emozionale quello della Regular Season Nba di giovedì notte 9 febbraio 2012. E soprattutto fatale a Oklahoma che scende dalla vetta (sesta sconfitta, 20 vittorie) e dall’80 % passa al 76,9 % con la sconfitta a Sacramento non riuscendo chiudere la tripletta in trasferta, per cui cede il primato ai Bulls (22-6, 78,6%) dopo i primi 45 giorni esatti della “Short-NBA”. Notte delle streghe invece al Boston Garden per i Celtics che falliscono con Paul Pierce il tiro affrettato del successo contro i Lakers sull’82 pari, e nell’overtime sull’87-88 Pierce si ripete, Ray Allen artiglia il rimbalzo in attacco a 11” e viene stoppato da Paul Gasol.
Lo spagnolo gioca una partita indimenticabile, di grande sostanza e intelligenza, e continuità reagendo alle voci di mercato che lo vorrebbero nuovamente in partenza (tramontata per ora la voce di uno scambio con Dwight Howard, stavolta viene dato a Boston, in cambio del play-tuttofare Rajon Rondo e ne approfitta per presentare il suo bigliettp da visita) mettendo la firma al successo che rilancia i Lakers reduci da due sconfitte (87-96 a Utah e 90-95 a Filadelfia) con 25 punti (12/20 al tiro) e 14 rimbalzi. Segna il canestro del pareggio (82-82) che porta la squadra di Mike Brown al supplementare anche se Boston potrebbe segnare facendo convergere la palla su Pierce dopo un time out, e successivamente nell’overtime soffertissimo (6-5 per i gialloblù) grazie al suo sangue freddo pazzesco il catalano di ghiaccio stoppa Ray Allen che ha nelle mani il tiro della vittoria dopo aver catturato il rimbalzo in attacco con Boston sotto di 1 punto (87-88).
Nonostante il quintetto zoppo, con “Metta World” inguardabile (1/6, 0/1, 2 punti in tutto) i Lakers fanno punti con Kobe Bryant (27, 11/24, 0/2 da 3, 5/5 tl in 43 minuti) ma vincono la partita dominando sotto canestro. Andrew Bynum da parte sua porta 17 rimbalzi e 16 punti, il duo Gasol-Bynum segna il 40 per cento dei punti dei Lakers che hanno anche un prezioso contributo da Matt Barnes. Si ferma a 6 vittorie la scalata di Boston di Doc Rivers del cui figlio-prodigio tutti parlano in questi giorni in America, 3 occasioni sprecate per ridimensionare i Lakers non capiteranno un’altra volta ma la squadra è troppo perimetrale e quando sta sotto i 90 punti perde sempre (1 su 10).
Stavolta Garnett si è preso troppi tiri (6 su 23) e il centrone Jermaine O’Neal (2 punti, 1/3, 6 rimbalzi) ha tre lustri di NBA sulla spalle e veniva da un infortunio.
I Lakers stanotte fanno visita ai Knicks in una gara dalle radici storiche, Gilberto Benetton sarà ospite in tribuna del suo ex coach Mike D’Antoni. Forse nella loro ricerca del play si morderanno le mani per non aver preso in considerazione in quel ruolo di un ragazzo di 23 anni con gli occhi a mandorla, Jeremy Lin, che ha segnato più di 70 punti in 3 gare con un contratto a gettone riportandol’entusiasmo al Madison. Senza Stoudemire per l’uccisione del padre e Melo Anthony per un’infiammazione inguinale, “Linsanity” ha fatto cose pazzesche, accompagnato da un sorriso che conquista lo spettatore. Al termine di questa gara i Knicks decideranno se firmargli un contratto annuale, difficile pensare che faranno alrtrimenti: si ritroverebbero i tifosi inferociti, come non bastasse già lo scambio Gallinari-Anthony.
A proposito di Gallinari, Denver ha perso la quinta gara, non succedeva da più di 6 anni, una stagione stupenda rischia di diventare un calvario con lo stop di un mese del Gallo per guarire la caviglia sinistra. Senza Corey Brewer per la perdita del padre e ancora il totem russo Mozgov e naturalmente il carismatico italiano, la squadra ha mollato i pappafichi in difesa, non è stato sufficiente il recupero di Afflalo (26 punti, 5/8 da 3), Fernandez è entrato in quintetto ma senza avere il fisico del Gallo e la sua versatilità, è un contropiedista e tiratore da 3 al quale si chiedeva più sostanza. Ha segnato 9 punti con 4/13 e 1 canestro da 3 su 5. Danver ha avuto enormi problemi in difesa, Sacramento, squadra sotto il 50 per cento, quindi non vincente, è andata a nozze grazie allo show personale di Stephen Curry, 23 anni, 1,91, una delle guardie del mondiale Usa del 2010 in Turchia, figlio di un ex veterano della NBA che ora fa il commentatore dei Charlotte Bobcats col quale organizza ogni anno un torneo per raccogliere fondi.
Oltre che un patito di golf al pari di Chris Paul, Curry, n.7 del draft 2009 e l’anno dopo in corsa per il titolo di Rookie of The Year, oggi è una guardia esplosiva e in Colorado ha segnato 36 punti in 35 minuti, con 13/17, 6 bimbe su 9, 7 riunbalzi, 7 assist, 2 stoppate. Sorprendente anche la gara della matricola Klay Thompson, anche per lui più di un punto al minuto (19 in 17’, 8/11 e 3/4 da 3). Grazie alle sue scatenate guardie i Warrios hanno tirato meglio da 3 che da 2 (52% contro 51%) contro la burrosa e ipotetica difesa delle Pepite.
A Oklahoma che hanno ceduto stavolta nel finale (23-30 l’ultimo quarto) non sono bastati i 33 punti di Westbrook, i 27 (e 8 rimbalzi) di Kevin Durant e le 10 stoppate del, neo-campione d’Europa (con maglia spagnola) del congolese Sergi Ibaka. Gli ex leader sono stati inferiori negli assist (13/21) e nei rimbalzi (40/46) e hanno pagato pedaggio per le troppe palle perse, ben 23 (contro 12) di cui ben 7 di Westbrook. L’ex play di UCLA ha tirato troppo, ma questi errrori alle star si perdonano sempre.
Risultati giovedì 9 febbraio: Boston-LA Lakers 87-88 ts; Denver-Golden State 101-109, Phoenix-Houston 89-96, Sacramento-Oklahoma 106-101.
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