Mi addolora assai di non poter rivedere il 25 maggio a Treviso Angelo Rovati. Ci ha purtroppo lasciato in questi giorni, dopo una malattia che non aveva spento la sua vitalità costringendolo tuttavia a lasciare il ruolo importante nel mondo della finanza, uno dei personaggi più poliedrici, positivi e corretti mai incontrato nel mio lungo viaggio nel basket.
Capace di sopportare con stile e correttezza qualche mia critica ai tempi in cui era presidente di Legabasket, quando grazie alle sue entrature a Palazzo Chigi riuscì a portare fuori dalla tempesta il basket dall’ingresso nella jungla della Legge ’91 col decreto “spalma debiti” un regalo mai abbastanza compreso da un mondo sempre più ingordo di sponsor e stranieri che alla fine pagherà l’apparentamento con le logiche e i sistemi bancari che hanno regole diverse, artificiose, da quelle dello sport semplici e meritocratiche. Ha però sempre capito, Angelo, quanto gli volessi bene, tanto che quando ci vedevamo anche nell’occasione più solenne non mi trattenevo dal stringermi a lui, gigante buono, come faccio con Paolo Magnoni. Si tratta di un puro segno di calore umano che trasmette pace ed energia.
Ogni tanto gli telefonavo, mai parlato di basket, scherzavo chiedendogli puntualmente quando sarebbe diventato presidente del Governo, magari ne approfittavo per chiedergli qualche favore, ma mai per me, una volta mi disse di mandare il curriculum al direttore della Rai suo caro amico, me ne scordai…L’ultimo favore era quello di portargli a Milano un CD di un bravo cantautore toscano per segnalarlo alla sua grande amica Caterina Caselli, la zarina della musica italiana, per la quale quando giocava a Forlì e lei era il “caschetto d’oro” di Sanremo, scrisse una canzone di successo.
Sicuramente c’era stato anche il suo zampino quando Carlo Sama e Ivan Gardini mi invitarono a Roma una notte d’estate di tantissimi anni fa mettendomi a disposizione dall’aeroporto di Grosseto il bell’elicottero blù del Gruppo Ferruzzi per offrirmi , assieme al direttore del Messaggero, la proposta di realizzare l’inserto settimanale del giornale romano che andava all’attacco di lettori al nord.
Offerta allettante, tuttavia risposi no grazie,” in Italia – dissi – la gente non legge, figuriamoci poi puntare sul basket che è una setta mentre il calcio è religione” Mi ringraziarono della schiettezza, e credo di avergli fatto risparmiare dei soldi, ritengo a almeno di averli ripagati per quel viaggio da tycoon, le mini di champagne e i fazzolettini profumati di Givenchy o Hermes. In ogni caso, tornai da Roma in Toscana il giorno dopo ( a mie spese, in seconda classe) più sollevato, e fui ripagato dalla chiamata di Alfredo Cazzola, altro grande personaggio, per salvare Superbasket perché il suo Grande Giordani non poteva più seguirlo.
Quel giornale ha fatto purtroppo la fine del basket, fino a quando l’hanno chiuso. Un po’ una storia già vista nel basket, dalla Rusconi editore fino a editori un tanto al chilo o peggio amanti del gioco delle scatole cinesi, l’ultima della quale probabilmente è un signore e una signora che non sanno nemmeno cosa sia il basket e si prendono un pezzo di storia di questo sport e del giornalismo con una srl da 10 mila euro.
Rovati era uno che aveva una logica opposta, da 10 mila euro passava al milione facendo fruttare grazie al genio di selfmademan le sue conoscenze, ma soprattutto la conoscenza del suo sport, come quando ebbe , da presidente di Lega, un’idea del tutto opposta da quella attuale di affidare a un consulente esterno il rapporto con la Tv. Creò una commissione di esperti per i rapporti con le Tv e mi ritrovai ai piani alti di Viale Mazzini ad altri “colleghi”, ad esempio Giorgio Buzzavo, ed accolti da Carlo Freccero con grande familiarità e rispetto. Vai a parlargli oggi alla Rai di come è gestito il capitolo, ma forse è più utile farsi la Home Tv Channel per il consenso locale, e che il movimento si arrangi.
Comunque, onde non si pensi ad un arrivista o a un Bel Amì, Rovati era dotato oltre che di una sensibilità e un intuito unici che immediatamente gli procuravano la fiducia immediata dei grandi imprenditori, ma senza essere il lacchè della situazione, diventata infatti immediatamente un amico da vecchia data. E per la vita. La fiducia in se stesso, la fiducia che ti dà lo sport, anzi quel basket di allora dove Rovati esponente di quella che io chiamo” la migliore gioventù “del basket dovevano inventarsi la vita, studiare, allenarsi, cercare di non sfigurare con gli americani, un tempo considerati dei marziani. Angelo ha sempre ripagato con questa lezione sportiva nel migliore dei modi chi, via via, gli ha affidato incarichi delicati.
Ad esempio Raul Gardini che 20 anni fa gli diede il compiuto del ridimensionamento del Messaggero Basket fino al ruolo di Found Raiser (come si dice oggi il tesoriere o Grande Elemosiniere) di Romano Prodi che conobbe grazie alla prima moglie, un giovane avvocato importante che del professore era stata allieva. Una domenica pomeriggio mi portò a casa del professore, e forse sbagliai a dirgli che per noi di Parma i reggiani sono pur sempre delle “teste quadre”, anche quelli migliori.
Rovati non è stato un Mister Ripley prodotto dallo sport carrieristico, non si è impossessato mai della personalità di altre persone per una scalata sociale (altro flagello dei dirigenti di oggi, chi sono da dove vengono, cosa hanno fatto nel basket per tenerlo in pugno?), è salito velocemente sapendo integrarsi immediatamente nell’occasione che si presentava senza mai commettere errori, anzi i suoi consigli sono risultati preziosi o decisivi ai cosiddetti potenti. Una capacità di trasformismo da Nobel, la sua, senza però scivolare mai nel significato grave o greve di questa arte italica, e il massimo rispetto per valore dell’amicizia e anche delle persone, anche le più umili incontrate nella sua vita. Ha cambiato più volte ruolo, professione, collocazione ma è stato sempre sorprendentemente all’altezza, un uomo con un posto importante a corte senza essere cortigiano, banchiere, imprenditore, ammininistratore delegato di un aeroporto, uno dei primi a fare affari con la Russia post-Breznev senza mai entrare nei verbali degli affari della “sporca Italia”… e che vuoi di più dalla vita?
Quel che si dice volgarmente “un uomo da bosco e da riviera” era proprio una persona bella, disponibile, che incarnava esattamente il motto della sua” Forti e Liberi” di Monza, la sua alma mater sportiva dalla quale spiccò il volo nella vicina Cantù prima di mettere radici e famiglia nella Dotta, città universitaria e di personaggi unici, con venature artistiche che ha dato la stura alla sua voglia di fare, sapere, voler arrivare, sempre un passo dietro ai grandi ma senza sentirsi fuori posto o attaccato al loro destino politico o imprenditoriale.
A Treviso Giorgio Buzzavo ha invitato il 25 maggio i veri artefici del successo del basket, e cioè i grandi giocatori e quelli significativi che hanno storie importanti, e anche una ristrettissima selezione di dirigenti e addetti ai lavori che hanno contribuito alla bella storia di questo sport e purtroppo da una decina di anni ha imboccato strade avventurose e discusse . Se riuscirò ad essere a Treviso ripensando a tutto quanto Angelo ha fatto di bello anche nella vita personale, ad esempio anche le belle seconde nozze con Chiara Boni , stilista fiorentina che l’ha portato per certo tempo anche in Toscana, chiederò di ricordalo con una sola frase “Cerchiamo di essere tutti Angelo Rovati”.
Alla famiglia le nostre sentite condoglianze, per Angelo gratitudine e ammirazione per quella facilità di comunicazione e di vedere le migliori soluzioni semplificandole, e il fair play educativo e contagioso. Un uomo senza esibizionismi, vanterie, cattiverie, rancori, che ha portato nelle stanze del potere e della politica il vero messaggio dello sport.
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