Per la prima volta nella storia del basket italiano ben due club hanno l’onore di incrociare le armi con formazioni NBA. Il calendario riserva sabato 6 ottobre a San Antonio (Texas) Spurs-Mens Sana Siena, domenica 7 al Forum di Assago Armani-Boston Celtics e lunedì 8 ottobre a Cleveland (Ohio) Cavaliers-Mens Sana.
Tre giorni, tre partite, il clou con lo sbarco della squadra dell’immaginario della nostra gioventù, i Boston Celtics richiamo –come dice il nick-name –all’antica civiltà di un popolo della Vecchia Europa temprato come l’acciaio e rude, che nelle varie epoche, dai tempi in cui Bill Russel, campione olimpico a Roma, era l’anti Chamberlain (il campione dei 100 punti in una partita) fino ad oggi, con la sconfitta in gara sette contro gli Heat di Lebron dell’ultima stagione, hanno goduto della fama di veri guerrieri del basket.
Ai verdi di Boston, i verdi della Benetton hanno dedicato addirittura il loro parquet, simile a quello della mattonella incrociate del mitico Boston Garden che più di un giardino è da sempre, per i rivali, un triangolo delle Bermude.
Lo spirito dei leggendari Celtic del passato, che un tempo erano prevalentemente bianchi, rivive nei campioni d’oggi, Rajon Rondo il re delle triple e dell’assist, il ciclone Ricky Pierce col suo furore agonistico, e Kevin Garnett, solido dentro come un bonzo tibetano, e il suo allenatore Doc Rivers, anche lui un ex guerriero, in predicato per guidare il prossimo Dream Team.
Il grande show che arriverà nelle case degli italiani con le immagini di Sky che col suo regista Giancarlo Fercioni collaborerà con la troupe NBA che organizza questi “special event” affonda le sue radici in passate sfide che non hanno nulla da invidiare a quella famosa partita milanese fra la Banda Bassotti del Billy, la squadra di Dan Peterson e di un certo Mike D’Antoni, e i favolosi “Sixers di Doctor J”.
Colui che in linea dinastica ha lasciato la sua eredità a show-man come Michael Jordan e LeBron James e mi raccontò in un’intervista per la Gazzetta dello Sport che venendo a Milano pensava di giocare alla Scala. Quello fu il primo grande show visto in Italia, che ben ci racconta Toni Cappellari, il gm dell’Olimpia “anni Gabetti” il quale, allora seppur giovanissimo, ebbe un ruolo importante nell’operazione ricordata anche perché per la prima volta riuscì a portare nelle casse ben 100 milioni di lire.
Di Toni Cappellari
Negli anni ottanta i contatti con la NBA erano assai difficili: qualche rivista Street and Smith, qualche filmato ma nulla più.
Ai tempi ero all’Olimpia Milano quale GM; una mattina mi passano una telefonata dicendomi che c’era un tale Wherter che voleva parlare con chi decideva: “ Sono Leo Wachter mi conosce?” ho un sussulto io amante dei Beatles stavo parlando con l’uomo che aveva portato i Beatles al Vigorelli .
La mia risposta fu ovvia, mi invitò a pranzo e già pregustavo una chiacchierata sui miei amati Beatles invece parlammo di basket. In modo diretto mi disse che aveva la possibilità di portare a Milano una selezione di stars della NBA, mi chiese se l’Olimpia era disponibile a giocare un incontro e se ci potevamo impegnare nell’organizzazione dell’evento.
Chiesi chi faceva parte della selezione , tirò fuori un foglio spiegazzato e incominciò: Erving, Cheeks, Dawkins, Malone… lo fermai, avevo le gambe che mi tremavano anche se ero seduto, balbettai un “Siiiiiiiiiiiiii” ma già pensavo a D’Antoni che rubava la palla a Julius Erving.
Non so come riuscì il mitico Leo ad avere la selezione che poi erano i Philadelpia 76ers, ma ai tempi le squadre ufficiali non potevano venire perché la NBA proibiva qualsiasi attività al di fuori degli States.
Andai più volte nell’ufficio di Leo, la cassa del cinema Dea in via Sangallo a Milano, oggi ristrutturato è diventato sede dell’Università di Medicina. Non vi dico la felicità di Peterson e della squadra: quella era la famosa “Banda Bassotti”.
Vendemmo tutti i biglietti in prevendita, quasi 15.000, Milano si eccitò perché Erving era già un mito come “Doctor J” e sfondammo per la prima volta nella storia della pallacanestro il tetto degli incassi. Lire 100.000.000.
Quella partita non fu la classica amichevole. Dan aveva caricato a mille la squadra che nel primo tempo ( giocammo due tempi da 20’) rimase a ruota delle stelle poi dilagarono anche perché Dan utilizzo tutti i giocatori a disposizione e così fu che Bianchi, Ferracini, i gemelli Boselli, Gallinari padre, Anchisi poterono toccare i loro idoli.
Fuori dal campo le “stelle “ furono perfette, alloggiarono in centro all’hotel Rosa e consumarono i loro pasti al Torchietto con Erving che si divorava “cofane” di agnolotti fatti a mano dalla mamma di Sergio. Dawkins dilapidò una fortuna da Bardelli: si fece confezionare la bellezza di dieci abiti.
La prima volta che squadre NBA ufficialmente parteciparono ad un torneo fu qualche anno più tardi con il “Trofeo Ciao Cream” con Phoenix Suns, NewJersey Nets, Pallacanestro Varese , Virtus Bologna e Olimpia Milano disputato nelle tre sedi di Varese, Bologna e Milano.
Il Torneo fu fatto grazie al dottor Antonio Bulgheroni che convinse David Stern a considerare il mercato europeo. Sono sicuro che grazie al successo di quel torneo che Stern capì che l’Europa poteva essere un grande mercato e che i giocatori europei non erano così male.
Grazie ad una grande intuizione del nostro allora Presidente, dottor GianMario Gabetti, la Fiba e la NBA inventarono il Mc Donald Open prima edizione Milwaukee con Bucks, Nazionale Russa e Olimpia Milano. Come si vede il legame della Olimpia Milano è stato ed è fortissimo aldilà dei giocatori NBA che hanno vestito la maglia biancorossa.