Romeo Sacchetti, allenatore della Dinamo Sassari, decima in classifica con 14 punti, non si è detto stupito dell’ultima vittoria dela sua squadra nella trasferta contro Caserta:
“Quest’anno è così, due vittorie e sogni, due sconfitte magari negli ultimi secondi come è successo a noi e sei lì a rischiare. Ma noi abbiamo un unico obiettivo, salvarci. E la partita di sabato con Teramo vale un bel pezzo del nostro campionato”.
All’andata la Dinamo vinse già in Abruzzo. Col +6 in classifica ed il 2-0 negli scontri diretti si costringerebbe Teramo a far quel che non le è riuscito nell’intero girone di andata.
“Dobbiamo vincerla, per non buttar via tutto”.
Sacchetti, come si vince contro la buona Juve di questi tempi?
“Non ci siamo mai scoraggiati, né dopo un primo quarto pessimo, né dopo aver sbagliato per due volte il tiro della vittoria alla fine dei regolamentari. Quando vai al supplementare, in trasferta, rimontato dalla squadra di casa, c’è rischio di prendere l’infilata. Ed invece abbiamo avuto qualcosa da tutti e non dai soliti noti”.
Sta diventando una costante però il vostro volto guerrigliero in trasferta.
“S’era già visto a Varese, vincendo, ma anche a Siena rimontando dal -20. Uno dei motivi è anche l’inserimento di un giocatore che ci dà solidità come Plisnic, dopo essere rimasti per un mese privi di un pezzo del quintetto, Hubalek. Ed i nostri allenamenti erano ridotti a situazioni di tre contro tre o quattro contro quattro, per avere un po’ di intensità”.
E’ anche il rovescio della medaglia di chi vive la realtà dell’isola. Lei, saggiata la Sicilia di Capo d’Orlando, ha sposato la Sardegna di Sassari, portandola in A.
“Ci sono vantaggi e svantaggi. Tra i primi c’è la passione, grande, qui come a Capo D’Orlando. I ragazzi sentono davvero l’affetto della gente. Gli svantaggi? Le tue trasferte durano sempre un giorno in più, si rientra il lunedì. E poi c’è l’impossibilità di organizzare amichevoli con squadre di pari livello”.
Come si fa convivere la peggior difesa del campionato (84.4 punti subiti) con la stessa posizione di classifica di Treviso e Varese?
“Diciamo che non abbiamo molti specialisti della difesa: Devecchi, Hunter sono i migliori. Gli altri prediligono l’attacco, come White. Però siamo capaci di sprazzi di buona aggressività e su quelli abbiamo raccolto qualche vittoria”.
Soprattutto avete raccolto tre pezzi buoni sul mercato d’oltreoceano: White è il miglior realizzatore del campionato, Hunter tra i migliori rimbalzisti e stoppatori, Diener un playmaker vero come pochi.
“Tutte storie diverse. Su White c’è stata un po’ di concorrenza ma l’abbiamo convinto, Hunter è stato un obiettivo fin dall’inizio per il dinamismo nel ruolo di centro. Diener è un giocatore di livello superiore, che solo ora sta trovando un po’ di continuità dopo i condizionamenti derivati dagli infortuni. Dopo la partita di sabato c’è la pausa per la Coppa Italia, confidiamo di ripresentarlo in campo finalmente a posto”.
Sarà complesso confermarli, l’anno prossimo.
“Mi sono dato una sola regola, non guardare più in là di questo campionato. Quindi salvarci. Siamo rimasti l’unica società senza sponsor. La proprietà (la famiglia Mele) sta facendo uno sforzo molto importante. E poi se hai giocatori buoni c’è sempre uno che te lo viene a prendere. A Capo D’Orlando arrivò Siena e si prese Drake Diener. Peccato per la squadra, ma per la società quell’operazione valeva uno sponsor”.
Rientra anche Hubalek, dopo la sosta?
“Questa settimana confido che possa ricominciare a correre. Poi dopo la sosta valuteremo. Intanto allunghiamo l’accordo mensile con Plisnic. Vanja è più flemmatico, esperto. Jiri è estemporaneo, può anche ammazzare una partita. Faremo la nostra valutazione”.
Per tanti motivi, comprese le maglie intonse, sarebbe meglio arrivare quattordicesimi ed evitare di dover pagare la tassa di permanenza.
“A volte è consigliato non dire quel che si pensa, ma siccome mi si legge in faccia a me questa regola non piace molto. E lo dico pure se in questo momento può andare contro i miei interessi”.
Restiamo a parlare di regole: lei che è stato giocatore, italiano e di quelli buoni, cosa pensa di quelli di oggi?
“In Serie A non ci dovrebbero essere regole, ma solo giocatori buoni. Che di conseguenza giocano, anche se italiani, perché lo meritano. E lo dico pure da padre di un giocatore. Le regole vanno messe sotto la Serie A. Ed il grosso del lavoro va fatto alla base. Le grandi squadre hanno i soldi per questo: reclutamento e poi in palestra con allenatori buoni da settore giovanile, che possono stipendiare”.
Alla scomparsa di Pino Brumatti ha commentato Lino Lardo, suo ex compagno di squadra: “Ai giocatori italiani di oggi manca proprio quel che era Pino Brumatti”. Lei cosa ne pensa?
“Una volta c’era passione, per il gioco e non. Noi sapevamo tutto del basket italiano. Ed avevi due obiettivi: essere il più forte e giocare le Olimpiadi. Adesso sanno molto poco, vorrebbero andare alle Olimpiadi ma se non ci riescono l’importante è guadagnare bei soldi”.
Come si possono rispolverare certi valori?
“Smettendo di trattarli da bamboccioni e facendo capire che anche loro devono sudare per guadagnarsi il pane, come tutta la gente che lavora”.
La Nazionale torna agli Europei. Lei di azzurro ne ha masticato parecchio e vinto. Di questa cosa pensa?
“I sorteggi valgono poco, si disse che quello degli ultimi Mondiali di calcio era stato favorevole per noi. Con i tre che giocano in NBA abbiamo un bel nucleo, ma per tornare ad alto livello a Pianigiani serve un playmaker”.
A proposito di Pianigiani: il dominio della sua Siena è davvero messo a rischio dalla nuova Milano di Peterson?
“Per me ancora no e se perdi le partite le parole hanno vita corta. Pure se con Greer ed Eze l’Olimpia è più forte. Ma la durezza mentale di Siena è pazzesca”.
A Sassari in tempi recenti sono poco piaciuti alcuni arbitraggi. Ma com’erano quelli di venticinque anni fa, Sacchetti?
“Era un altro basket, comprese le regole, diverse. Due premesse: l’anno scorso eravamo in Legadue e con la Serie A c’è una bella differenza, di arbitri come di qualità delle avversarie. Secondo, il basket è sempre più rapido, fisico ed è più difficile da arbitrare, pure se sono in tre. In allenamento arbitro io, o i miei assistenti. E’ una lamentela unica. Sarei curioso di vedere dei giocatori arbitrare una partita”.