Virtus Bologna, Martinoni: “Sono fortunato a giocare nella Virtus”

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Nicolò Martinoni, ala grande della Virtus Bologna classe ’89 ed ex Varese, ha commentato così l’ottima vittoria contro Enel Brindisi nell’ultimo turno di campionato per 93-72:

UNA GARA da Brindisi, quella di Nicolò Martinoni contro l’Enel, forse la prima davvero convincente da quando veste la maglia della Virtus.

“Sicuramente la mia prova di domenica è stata buona — racconta il lungo virtussino —, però vorrei mettere in fila altre prestazioni positive prima di dire che mi sono definitivamente sbloccato.

Per un ragazzo giovane non è facile giocare in un club che ha una tradizione così importanti, ma qui mi hanno fatto capire che tutti credono in me e questo mi aiuta a lavorare forte in allenamento durante la settimana”.

Molti parlano delle difficoltà di giocare in un club come la Virtus, lei ne ha incontrate?


“Intanto vorrei dire che mi ritengo fortunato: gioco a soli 21 anni in una città come Bologna dove la passione per la pallacanestro è davvero tanta e qualsiasi professionista vorrebbe venire qui. La difficoltà principale è quella di avere davanti giocatori così affermati che per un giovane diventa difficile riuscire a trovare un proprio spazio. E anche un pò di continuità”.

Il suo compagno di squadra Viktor Sanikidze, però, ha solo tre anni in più di lei. Il vero problema forse è il percorso formativo e il rapporto con la scuola non sempre facile.

“In generale c’è un pò di paura nello scommettere su un giovane italiano e si preferisce pescare all’esterno. E’ vero che il rapporto tra scuola e pallacanestro, o meglio più in generale con lo sport, è spesso conflittuale e un giovane che gioca a certi livelli non sarà mai aiutato anche nella semplice organizzazione della giornata. In Serbia c’è un punto di incontro tra gli orari scolastici e quello degli allenamenti, una sintesi che tiene contro di entrambe le esigenze, per non parlare degli Stati Uniti dove sappiamo tutti quale importanza abbia lo sport all’interno dei percorsi formativi del college”.

Torniamo alla pallacanestro giocata. L’arrivo di Rivers ha permesso una migliore circolazione di palla e tutta la squadra ha giocato meglio. Che cosa ne pensa?

“E’ un argomento che è stato analizzato la settimana scorsa, dopo la sconfitta di Cantù, dove la squadra di fatto non è pervenuta. Abbiamo notato la nostra tendenza ad isolarci nei momenti di difficoltà, anziché affidarci al gioco di squadra. E’ anche vero che non siamo stati quasi mai al completo e questo lo paghi quando incontri avversari che, invece, hanno avuto la possibilità di amalgamarsi”.

Altri dicono di questa squadra che sia tutta carattere e poca testa e dunque sia difficile il gioco di sistema.

“Abbiamo chiuso il girone d’andata al quinto posto e se da una parte questo lo si deve alla nostra grinta posso dire che dall’altra questo è anche il frutto dell’intensità dei nostri allenamenti. Abbiamo tre giovani Gaddefors, Parzenski e Person che essendo europei non possono sempre giocare, ma aiutano la squadra durante la settimana. Non è facile arrivare alla domenica quando ti manca sempre qualcuno e devi inventarti qualcosa di nuovo. Se avremo la possibilità di lavorare al completo arriverà anche il sistema”.

Lei quanta determinazione ha?

“Credo tanta e spero di poter avere l’occasione per dimostrarlo”.

Alla Final Eight di Coppa Italia incontrerà subito Stefano Pillastrini, oggi a Montegranaro, ma fino allo scorso anno con lei a Varese. Emozionato?

“Il Pilla per me è sempre il Pilla ed è chiaro che trovarmelo sulla panchina avversaria mi fa un certo effetto. Prima, però, c’è la gara di Avellino ed è bene concentrarsi su quella”.

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