La stagione ha prodotto 11 milioni di euro d’incassi totali per 17 club, il 10 per cento del costo di produzione e la finale Siena-Milano, le due fortunate, sono state uno spot deludente – dicono le cifre – per avere impennate d’interesse. LegaBasket ha comunicato il “fatturato” del campionato per la stagione 2011-2012 sul proprio sito (http://web.legabasket.it/other/datipubblico201112.pdf).
“La stagione della serie A 2011-12 (regular season più play off) si è chiusa con oltre un milione di spettatori totali (1.171.648) per una media di 3.919 a gara. 11.948.253 Euro l’incasso complessivo per una media di 39.961 Euro.
In testa alla graduatoria si conferma la Canadian Solar Bologna con una media di 7.608 spettatori (aumento dell’1% rispetto al 2010-11 quando era stata di 7.532). La Virtus è seguita dalla EA7 Emporio Armani Milano a quota 5.679, in crescita del 21.8% rispetto alla scorsa stagione dove la media era stata di 4.664: il dato di Milano è quello che presenta il maggior aumento tra tutti i club di serie A. Terza è la Scavolini Siviglia Pesaro (4.959, + 13.6%), quarta la Montepaschi Siena con 4.511 e quinta il Banco di Sardegna Sassari (4.344).
Sette i club oltre quota 3.000: Fabi Shoes Montegranaro con 3.931 (seconda come aumento solo dietro a Milano con + 21.2%); Umana Venezia con 3.826; Bennet Cantù con 3.748; Otto Caserta con 3.719; Angelico Biella con 3.656; Cimberio Varese con 3.439; Benetton Treviso con 3.308 (terza dietro Milano e Montegranaro con +15.4%).
La Canadian Solar Bologna guida anche la classifica degli incassi con 121.746 Euro di media a gara seguita dal Banco di Sardegna Sassari con 70.040 Euro e dalla EA7 Emporio Armani Milano con 51.306 Euro.
Il primato stagionale di spettatori per quanto riguarda la regular season si è registrato in EA7 Emporio Armani-Montepaschi alla sesta giornata con 10.105 spettatori mentre il record d’incasso appartiene a Canadian Solar-Montepaschi con 130.634 Euro alla sedicesima giornata.
Nei play off il primato di affluenza con 9.329 spettatori si è registrato in Scavolini Siviglia-EA7 Emporio Armani in Gara4 di semifinale mentre il record d’incasso appartiene a Canadian Solar-Banco di Sardegna con 124.659 Euro in Gara3 dei quarti.”
Commento. Il generale non è male il dato degli spettatori, ma capita di vedere il fenomeno di “grandi squadre che fanno incassi piccoli e viceversa, a volte..”. Il basket si conferma in ogni caso – meglio ricordarlo – il 2° sport di squadra in uno scenario di “aspettando Godot”, cioè senza un trend di crescita quale risposta alle attese e le promesse, con quasi 4000 spettatori di media. Unica eccezione (tradizionalmente aurea) della Virtus Bologna, la quale doppia la media generale (3.919) ma poco investe – si lamentano i suoi tifosi – in una squadra-scudetto consolandosi con gli scudettini dei giovani. Ma bisogna dare atto al suo patron Claudio Sabatini di aver avuto fegato nell’acquisto dell’Arena di Casalecchio per la quale dichiarò anni fa di aver acceso un mutuo da 20 milioni.
C’è stato, in quanto a presenze, il risveglino o risveglietto di Milano città notoriamente sensibile solo ai grandi match,certamente dovuto più all’operazione Gallinari più che al gioco e ai risultati della formazione di Scariolo. La stessa Benetton in un contesto di perdita d’interesse di Treviso per il basket negli ultimi anni, fatto determinante per l’addio del gruppo per scelte di progettiu sociali, ha aumentato il pubblico. Spiccioli. Difatti non è bastato per scuotere un clima apatico e creare all’uscita del Gruppo un consorzio degno della tradizione, per cui Treviso rischia di sparire davvero e meno di due settimane dalla chiusura delle iscrizioni.
Gli incassi, invece, sono purtroppo l’eterna nota dolente per uno sport narcotizzata dagli sponsor di successo o dal successo degli sponsor un’invenzione del basket nata a Varese con l’Ignis di Giovanni Borghi e che non garantisce più un turn over nonostante l’interessante defiscalizzazione consentita dalla Legge Mammì da ben 20 anni che attesta anche, bisogna dirlo, un minimo di sensibilità da parte dello stato neri confronti dello sport. Evidentemente però le aziende hanno altre alternative (spettacolo, arte, progetti sociali) e il basket non si è attrezzato per essere al primo posto per un abbattimento dell’utile d’impresa, come è vero però che esiste una crisi dell’impresa tradizionale (vedi quella dell’auto e del tessile) e quella nuova riguarda i servizi e informatica.
La Spaghetti League ha accusato purtroppo negli anni una contrazione negli sponsor (e faticato a volte anche a trovare quello del campionato…), e più recentemente un sempre minor turn over degli investitori.
Basta comparare il rapporto fatturato-budget, la forbice è troppo aperta, se lo sport non fa impresa non può fare economia virtuosa. Manca il concetto di uno standard d’impresa. Si tratta di uno spazio non regolamentato da parametro, tanto incassi, tanto spendi. L’incasso medio e totale di Siena – ad esempio – inversamente proporzionale al pubblico e all’eco dei successi (rating e appeal mediatico) è determinato da un prezzo del biglietto “politico” o popolare, inferiore alle media, deciso da strategie di marketing volute delle istituzioni della città del Palio, Fondazione e banca in testa che in questi giorni viene salvata dal Governo dopo aver congelato i debiti (Tremonti bond). Ma il club non ha colpa, beninteso,magari altri club fossero tanto organizzati, la colpa è del sistema e del vuoto normativo di un consorzio lacerato e stressato che non garantisce pianificazione e prospettive di rilancio.
Siena-Mes Sana è il caso limite. Maggior costo, maggior profitto come risultati, minor profitto come proiezione di un fattore positivo su quello generale. Quel che si dice un paradosso. Il costo della produzione senese dell’ultimo esercizio (riferito a giugno 2011)ha raggiunto 20,6 milioni di euro. Quasi il doppio dell’incasso totale della A, di circa 11 milioni. E gli 11 milioni di incassi (che valgono 5-6 supermatch calcistici e ahinoi vanno divisi per 17 club…) con altre risorse in secca (ad esempio i proventi Tv minimi e necessari al costo di gestione della Lega) sono il 10 per cento del costo di produzione generale che raggiunte all’incirca i 100 milioni complessivi per i 17 club. Anche se in un panorana poco omogeneo, con stridenti disparità, perché Siena e Milano fanno da sole 35-40 milioni (dati di bilancio ufficiale sul costo di produzione).
Da qui, in tempi di terrore per lo spread, l’aumento del costo della vita e dell’aggravio fiscale contro un valore sempre minore dei salari, il pericolo di un crack, rappresentato da 5-6 club che minacciano di chiudere i battenti. Roma e Pesaro sembrano voler andare fino in fondo, mentre il consorzio di Treviso sembra avere ormai poche speranze decolla, molte aziende sono in crisi e chiudono anche nel nord-est pilota dell’ultimo boom economico italiano. Occorre un’economia reale, non virtuale, la prima partita non si gioca più in campo ma dentro il consorzio, e Siena e Milano dovrebbero essere le prime a dare un segnale.
E la Lega che fa? Playoff a 7 partite per tutti dal prossimo anno, che assomiglia alla storia delle brioches di Maria Antonietta al popolo che chiedeva pana…. E ancora: taglio dello stipendio al suo presidente pagato più di un milione nei 3 anni precedenti, senza che questa gestione abbia determinato pari lievitazione delle entrate generali. Inoltre la finale Siena-Milano purtroppo ha tradito le attese per essere uno spot del basket, non ha dimostrato di essere l’evento promozionale che tutto il basket aspettava da un anno, ma una sfida rusticana, con i due allenatori che non si stringono la mano, i milanesi che disertano la premiazione, l’assenza di un protocollo ufficiale e di una gestione qualificata. Ecco, come prova del nove, il risultato della serie scudetto: Milano non ha battuto il record di affluenza del primo match dell’anno, determinato dalla curiosità per Gallinari, e la risposta della Tv (digitale Rai Sport) rispetto alla regular season e altri match dei playoff, è stata largamente inferiore, sotto in alcuni casi all’1 per cento come ascolti contro il 9 della NBA o i 2.800.000 telespettatori della finale spagnola Barcellona-Real Madrid.
Anche dopo il ridimensionamento vincente dei club greci, si continua a inneggiare al budget (adesso si sventolano i 44 milioni del Cska, la squadra di Putin) invece di prendere atto proprio della utilissima dichiarazione del presidente della Mens Sana secondo il quale in questo momento la stabilità economica è il principale obiettivo del suo club. Se lo dice lui che ha goduto di investimenti, nel corso degli ultimi 15 anni, di circa 100 milioni di euro, perché la Lega non vara d’urgenza un tetto salariale, cambia qualcosa uno scudetto in più di Siena o uno in più o meno di Milano?. Egregi signori, padroni, padroncini, manager rampanti, teste d’uovo, sponsor e via dicendo, cioè la “razza padrona” del basket: non è forse venuto il momento di una bella “dieta”, nel senso non solo di una corretta alimentazione, ma come assemblea a scopo di una riforma di tipo tedesca?. Non bastano i workshop all’americana con gli sponsor invitati a giocare a golf, gli si metta fra le mani invece il bello ma anche il peso specifico della “palla a spicchi”. Bisognerebbe cominciare dal salary quale segnale di autoregolamentazione prima che dalle quote stranieri sempre più invasive, come la prossima battaglia del 7+3, 7 stranieri e 3 italiani, perché i club vogliono ingozzarsi ancora di più di passaportati di ogni fatta. Se poi un club pensa di essere penalizzato per le coppe, e possiede i mezzi, può sempre attrezzarsi, come una volta, quando aveva lo straniero di coppa. E utilizzare un over budget.
I risultati di queste politiche ipetrofiche che hanno avuto purtroppo effetti emulativi pagate dai club con minori mezzi e storia, sono lì da vedere. Il basket si vede meno in Tv e fa rima con la nazionale che non vince più…
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