CONTROSCUDETTO – Vittoria netta, Mps toglie all’Armani il tricolore e il primato storico, ma finisce un epoca che per la caccia al passaportato ha coinciso con un calo d’interesse e dei risultati internazionali. Completata la pagina storica (post-moderna?) del basket di Siena, Milano è sparita subito dal campo. Mi aspettavo una grande festa generale, come è stata quella baci abbracci e commozione fra Miami e Boston.
Mi aspettavo 3-4 collegamenti in diretta da varie parti d’Italia, per commentare e dare un senso ampio a questo primato dei 6 scudetti marcata subito con l’arrivo dellaa maglietta ufficiale “Siamo nella storia del basket”.
La mia sensazione, minuto dopo minuto, è stata è invece quella di ritrovarmi dentro un vero e proprio “The Truman Show” sportivo. Ricordate quel film bellissimo e al tempo stesso angosciante con cui un grande regista, Peter Weir, aiutato da uno schizzato Jim Carrey, il protagonista, ha immaginato i nuovi tempi come un’alienazione televisiva per cui la nostra vita trascorre fra le pareti color pastello e il linguaggio è quello della pubblicità (regresso?) e siamo ormai diventati tutti protagonisti di un grande reality show televisivo. E con una doppia logica: solo la Tv è rassicurante, oltre c’è il pericolo e lo sgomento.
Pensavo queste cose vedendo un signore somigliante a Stewart Granger, un bravo attore americano sempre in tensione, con le basette biancheggianti, che in maniche di camicia metteva una medaglia al collo ad una ad una ai vincitori o ai loro bellissimi ragazzini. A proposito: se ci avete fatto caso, la serata televisiva – merito del bravo il regista Barone o chi l’ha imbeccato – è stata giocata non più sulla caccia alle numerose bellone impossibili fra il pubblico ma cercando i volti dei ragazzini, e ha colpito quella bambina che dormiva beatamente fra le braccia di mamma nonostante le trombette “spacca timpani”. Un messaggio positivo, data anche l’età della maggior parte dei giocatori, grondante ottimismo per il futuro.
La Tv di Stato, in questo, è stata ammirevole. Meno per il resto, immagini scollegate causa-effetto, e quello che non sono riuscito a capire, e che ben 4 commentatori Tv non mi hanno spiegato, era se la regia di quella cerimonia fosse di Legabasket o della Fip, o fosse una festa privata di Siena. Anche questo è il senso, un viaggio nel Truman Show, dei 6 scudetti Non voglio alludere minimamente a un arretramento offendendo i protagonisti e i senesi, e penso invece agli erori giocatori dei 5 scudetti di Milano che non disponevano di 2 ore e mezza di diretta televisiva da parte della Tv di Stato e che, poveretti, sono stati archiviati senza un cenno ai nomi e cognomi, alle loro storie.
E sì che alle 5 puntate dello show finale della Spaghetti League c’era un certo Sandro Gamba, ancora intento a schizzare gli schemi della gara. Forse gli si poteva chiedere quanto fossero eccezionali, dato che ha raccontato nel suo libro di aver ricevuto l’invito da parte della Nasa per diventare astronauta.
Quelli erano ragazzi del dopo-guerra, dovevano conquistarsi un posto al sole e il posto di lavoro, non avevano viaggiato all’estero, a 30 anni erano considerati da buttare. Questi con il ricco conto in banca, magari in un paradiso fiscale, hanno 33-35 anni, hanno giocato in due-tre continenti,sono indistruttibili, bionici, come i lituani Kaukenas al quale hanno ricostruito il ginocchio di sinistro per ben due volte in 5 anni o Lavrinovic al quale hanno riparato le vertebre ballerine a Tel Aviv.
Il Truman Show del nostro basket forse con questa ultima recita è al capolinea, o forse è solo agli inizi perché tutti vorrebbero avere le condizioni di Siena, come giustamente ha sottolineato Pianigiani un po’ commosso per il regalo che gli ha riservato la vita di ottenere questi risultati nella propria città. I frutti li gode giustamente il club che meglio ha goduto di condizioni uniche, perché Siena con la sua banca che poteva negli anni ottanta far oscillare il dollaro di 70-80 lire, come mi raccontò un giorno il suo Provveditore Piero Barucci, poi ministro delle Finanze. Spinta ed espressione delle istituzioni locali, la sua banca ha investito dai 100 milioni di euro in sù, forse 130-140 negli ultimi 15 anni, sulla sua benemerita Mens Sana, nata all’indomani dell’Italia per portare l’educazione sportiva nelle scuole.
Siena è la rappresentazione di questo passaggio da una civiltà del fare a quella consumistica-edonistica del “fare per la Tv o con la Tv,” quella che coincide – attenti bene: non dirò mai che…è stata causa… – con gli anni meno belli della nazionale, il declino nelle coppe, il campionato scontato, i minori risultati a livello giovanile anche se sembra esserci una ripresina.Il calo degli ascolti e d’interesse da parte dei media. E della territorializzazione del basket.
Ha vinto la squadra dell’elogio del passaportato, e quando senti alla Tv che ogni volta che toccano palla McCalebb e Cook il telecronista ti ricorda che hanno passaporto macedone e mo ntenegrini e non sono di New Orleans e New York, non sono più americani, capisci che questa figura forse necessaria o forse pericolosa in termini economici e di promozione, che ha indebolito l’etnos italico e la propensione al rischio degli allenatori, qualcosa è andato storto. Perché ha avuto il sopravvento l’oggi e il mercato ingozzando agenti-imbonitori e trasformando la figura del presidente tradizionale dello sport in in una manager lautamente pagato.
Il passaportato può averci salvato o aver inguaiato il sistema, lo dirà il tempo, comunque la sua applicazione massima è stata realizzata a Siena. Poco più del 10 per cento degli italiani nel rapporto punti anche nell’ultima gara, anche se credo Siena adesso rientrerà presto nell’alveo della sua storia sportiva spesso anticipatrice. Il vero pericolo adesso sono le imitazioni, perché oggi sono sempre più frequenti le squadre che partono con quintetti stranieri, e poi in nazionale diamo il passaporto a un americano che non segna un punto in tutto un europeo.
Gara5 ha avuto il secondo maggior scarto (11 punti), Siena ha scavato il solco concedendo 13 punti soli ai rivali nei due tempi centrali accumulando 18 punti d’oro da spendere alla fine. Lo scarto medio è stato di 9 punti nelle 5 gare nelle quali, in verità, si è proceduto a strappi, nel senso che quando giocava bene l’una, e ha chiuso ben 13 parziali contro 7 a suo favore. La differenza l’ha fatta l’organizzazione di gioco, l’esperienza, senza un vero centro di ruolo, un Andersen brutta copia di quello della regular season ha avuto il vantaggio ai rimbalzi. Da parte sua Milano ha proceduto a folate, l’asse Cook-Bourousis è stato largamente inferiore a quello McCalebb–Lavrinovic ed questo è stato il primo motivo della sconfitta, il secondo a minor qualità delle guardie, il terzo il tasso di proposta di gioco, in certi momenti avventurismo puro, giocate istintive o troppo lunghe e pasticciate, lettura di gioco insufficiente, attacco troppo perimetrale, senza conclusioni equilibrate, vedi i 28 tiri da 3 contro i 15 di Siena ma con percentuali nettamente peggiori, una serie scudetto è la scontata rappresentazione di una stagione.
E quella di Milano è iniziata bene grazie a Gallinari che ha propiziato anche la prima vittoria nei confronti diretti con Siena, poi l’ha lasciata orfana, come è successo a tutte le squadre che hanno speculato sul lock out della NBA. Contro Siena devi avere un miglior gioco, devi avere soprattutto il contropiede, una difesa equilibrata e molta pazienza. Siena è riuscita in qualche modo a spegnere la fiammata iniziale di Milano propiziata da Mancinelli, istinto puro, non un leader, mancante di continuità, un giocatore amato dalla tifoseria e controverso in generale sparito poi dal campo. Cook ha subito psicologicamente troppo il duello diretto con McCalebb, Bourosis si è visto a gara ormai decisa, Melli è stato poco utilizzato (12 minuti), non solo per problemi di falli.
I 29 punti finali sono stati il maggior punteggio parziale di Milano, da -22 fino a -6 sotto la spinta di Hairston a -2’18” quando Siena, davvero di manica larga, nervosa non tanto per il rischio della sconfitta, quasi inesistente considerato appunto il tasso di gioco, la padronanza, il carattere, e anche (questa una grande virtù nascosta, poco sottolineata, la splendida tenuta atletica) ma per le voci riguardanti lo sganciamento dalle sorti della banca, perché giocatori di una squadra con un nucleo portante di 33 anni di media difficilmente possono trovare una collocazione di mercato e tecnica tanto vantaggiosa, vedi ad esempio Andersen, Kaukenas, Carraretto.
La svolta è avvenuta con Zisis in regia, nel 2° tempo, e quella definitiva quando Pianigiani ha giocato con McCalebb e Zisis assieme, un potenziale teorico di 30 punti, 10 assist, 10 rimbalzi, poco usato e che se vai a vedere è stato decisivo anche in gara5.
Milano si è rifatta sotto col fighter Rocca considerato alla stregua di un rimasuglio del passato, ha pensato al tiro più che a organizzare il gioco, quel gioco introvabile per tutta la stagione, con problema della guardia tiratrice che all’inizio era Nicholas e alla fine è stato Breamer mentre Demton è stato un acquisto superfluo, ma come si è visto le due squadre se lo potevano permettere, e Siena ha fatto entrare Moss nelle rotazioni, e ha fregiato dello scudetto Rakocevic e Maciulis senza mai mandarli in campo, che non è certo un incentivo per un giovane che arriva a Siena.
E di giovani ne ha tanti, perché nelle ultime due settimane la Montepaschi ha giocato anche le due finali dei piccoli scudetti, che sono state vinte da Bologna mentre il vivaio senese è stato ridimensionato ma conta su diversi giocatori in giro per l’Italia. Altra storia del basket Spaghetti che lascia perplessi: una volta Cantù reclutava i giovani da tutta Italia e li sperimentava tutti in prima squadra, oggi gli metti il bollino della real casa e poi vanno in prestito per la penisola, scelta mercantile che non paga al punto che, dato per scontato che la NBA si prende i pezzi migliori, la futura Federazione farà bene a pensare a togliere l’onere dei vivai ai club di A e organizzare un campionato stile universitario americano, con quote minime per giocatori over, e non sprecare più l’enorme massa di talento nel sacrificio delle panchine di A dove l’etichetta di campionato italiano grazie alla Bosnam è oggi quello del passaportato italiano, un filone d’immigrazione del tutto ibrido.
L’errore, adesso, sarebbe pensare che Siena rinuncerà allo scudetto e il futuro sarà di Milano per la liquidità che Armani può mettere sulla bilancia, che certo è un atto di amore per questo sport ma anche un mezzo utile alla sua famosa multinazionale dell’abbigliamento e del lusso per ristornare in chiave sociale soldi che andrebbero alle tasse, un fatto più che legittimo in omaggio alla Legge Mammì che renderebbe il basket ancora il miglior veicolo d’immagine o meglio sarebbe dire “Mezzo di comunicazione” se solo venisse gestito meglio.
Perché Siena ha ancora due anni di contratto con la banca ma chiaramente nel clima attuale è forse conveniente tagliare i ponti per non venire coinvolti in polemiche o storiacce di risiko finanziario, come quelle che si leggono, e uscire con una buona liquidazione come è avvenuto con l’uscita di grandi gruppi, dall’Ignis al Messaggero, fino alla Benetton.
Questo presuppone una gestione al di sopra delle parti, con un interesse comune, tenendo fede a quel senso dell’innovazione che ha fatto del basket un fenomeno sociologico dagli anni sessanta agli ottanta, forse non adeguatamente ben riposto nell’attuale management di Lega. Non bastano i cinguettii di twitter, i palazzetti pieni ci sono da 10-20 anni, perché non sono diventati grandi arene, bisogna bucare la Tv, il sito nelle news dava ben 6 takes delle dichiarazioni dei due allenatori molto datati, questa finale si è giocata in un giro ristretto.
Il suo presidente, intervistato da Rai Sport in sede di bilancio della stagione, presentandosi con le braccia conserte che in fisiognomica vengono considerate una posizione passiva, ha parlato di “stagione esaltante, grande testimonianza di pubblico, crescita”. Mi aspettavo che esibisse le cifre, a cominciare da quelle riguardanti proprio le finali che era scontato venissero pubblicate all’indomani di ogni gara, quale migliore occasione per un messaggio a potenziali investitori, o che di frronte a un elenco tanto sorprendente il telecronista gli chiedesse di fare una sintesi in cifre di cotanti successi.. La domanda dell’intervistatore, invece, ha riguardato con una vena di disappunto la decisione di un playoff tutto a 7 partite per il prossimo anno: perché questa novità?. Ho alzato le orecchie, perché la domanda non spiegava la ragione della perplessità, e davo per scontato di ascoltare 10 buone ragioni per essere felice del superplayoff del prossimo anno. La riposta,purtroppo, ha gelato i miei palpiti: “perché l’assemblea di Lega è l’organo sovrano e ha deciso così” .
Si è presentata dunque una novità senza saperla spiegare, e così vanno le cose sotto i cieli del basket come direbbe Enrico Mentana il quale, sappiamo, nel giorno in cui Monti andava al Quirinale ha di punto in bianco levato la telecronaca del sabato pomeriggio dal suo palinsesto, e il nostro amato sport è finito sul digitale riuscendo raramente a superare la soglia dell’1 per cento, uno sport di nicchia. Siamo purtroppo una tigre in gabbia.
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