Sconfitta pesante per gli Spurs dopo vittorie: gara3 è un monologo dei Thundercity dopo lo 0-2 iniziale, stanotte Boston cerca in casa di accorciare le distanze con Miami. Anche i Thunder sanno essere nasty, cioè cattivi, come Gregg Popovich aveva voluto sul finire di gara1 scuotendo gli Spurs che sulla scia di quella prova di carattere originata dal grido di guerra del suo Sakem avevano divelto le sicurezza dei rivali e vinto con autorità il secondo incontro.
Negli annali della NBA solo 15 squadre nei playoff hanno vinto una serie partendo da 0-2 ma Oklahoma ha messo giovedì notte un solido mattone per capovolgere le sorti della finale della Western Conferences senza aggrapparsi alle sue splendide individualità ma partendo da un gioco di squadra, sfoderando una difesa “arrabbiata” più che cattiva, esibendo i suoi tesori nascosti. Vedi i 19 punti del moro svizzero Tabo Sefolosha che si né permesso di tirare 10 volte da 3, ha guardia di Parker ha favorito i primi 4 recuperi di gara, i 14 punti di Sergi Ibaka, il moro congolese detto Air Congo che gioca per la Spagna, e si è fatto perdonare, con 8 rimbalzi, le ultime uscite il massiccio centro Kendrick Perkins.
Il risultato potrebbe essere il perno di rotazione per una storia diversa del confronto fra le due belle dell’Ovest nelle prossime gare a cominciare da quella di sabato, fra 48 ore. Vittoria larga e pòiù del prevista di Oklahoma, 20 punti dopo averne avuti 27 come massimo, contro la sua rivale più ostica che proprio alla Chesepeake Energy Arena nell’ultima sfida della regular season aveva strapazzato i baldi giovani di Scott Brooks per poi superarli in classifica con uno spettacolare sorpasso per il 1° posto, traguardo che non era solo di prestigio ma valeva il fattore-campo.
Lo svizzero che ha giocato in Euroleague col Fenerbahce durante lo sciopero e in passato a Biella, ringalluzzito dalla sua prova, a 3 punti sotto il suo high, è convinto che questa sia la molla giusta per andare in finale: “Penso che la nostra partita sia l’inizio di una lunga serie”, azzarda Tabo Sefolosha dopo aver fornito uno splendido contributo alla vittoria più netta fra le 7 partite della stagione, con un bilancio di 5-2 per Parker e soci.
Per il linguaggio dei numeri, si gioca stavolta sul 20, un numero bello e brutto per gli “Speroni” texani che stavolta sono di zucchero candito e non pungono. Si chiude così a 20 la serie-record di successi con la quale San Antonio aveva battuto i Lakers 2001.
20 è il passivo, 20 sono i punti sotto la media del punteggio di una squadra che vince sempre sopra i 100, 20 potrebbero anche essere le ragioni per spiegare la sconfitta. Sarebbe troppo lungo elencarle tutte, onore ai vincitori ma anche rilassatezza e un pizzico di strategia di quella vecchia volpe di Popovich che, sappiamo, è un gestore di risorse umane unico, e in diverse occasioni ha avuto la forza di far riposare in panchina o addirittura lasciare a casa le sue star. Cosa che alla fine è stata utile per costruire una panchina cosmopolita., determinata e determinante, di 7-8 giocatori e che giovedì notte ha dato più punti degli starters, 49 contro 33, con qualche conferma. Ad esempio Stephen Jackson, 16 punti,top scorer dei suoi con Paker, in gara1 capace di limitare Durant nel finale, poi l’importante ritorno in campo di Blair, a lungo il centro titolare fino all’arrivo da Charlotte del franco-senegalese Boris Diaw, amicone di Parker, vedere il suo scout: 10 punti, 5-7, 6 rimbalzi, in soli 9 minuti.
Gli Spurs per un tempo ci hanno quasi provato, hanno chiuso il 1° quarto in vantaggio arrivando fino a un massimo di 5 punti, poi tirato i remi in barca, tiri molli, passaggi lenti, riflessi annebbiati, quando Oklahoma è riuscita a trasformare lo choc dello 0-2 in un transfert agonistico. Tanto che sul 70-65 il povero Gregg Popovich si è inclinato come una nave spiaggiata mettendosi la mano sugli occhi per non vedere, pensando fra sé e sé:“mamma mia, ma cosa mi toccherà vedere…”.
E’ lì che si è concretizzato il gran monologo dei Thundercity, e il pick and roll, il gioco libero stile Harlem Globetrotters dei texani, è stata una rappresentazione in slow motion punita da una difesa – appunto – arrabbiata interpretata con occhi di tigre, tecnicamente perfetta, raddoppi, anticipi, recuperi, chiusure, taglia fuori, stoppate.
L’immagine lampante di questa intensità della difesa-centobraccia è un flash della gara in cui si vede Manu Ginobili stoppato per due volte nella stessa azione. Lo scudo difensivo è stato la rampa di lancio per gli azzurri dello stato del petrolio del contropiede sistematico, da qui i 18 fast-breaks contro 7 e i 44 tiri nell’area dipinta contro 24, altro dato eloquente sulla poca energia della difesa degli “Speroni” assieme alle 21 palle perse e agli 82 punti, 20 sotto la media.
Commento dei due allenatori. Popovich:
“Ci hanno battuto facile, gioco con la determinazione di una gara punto a punto. Non li facevamo così duri e intelligenti, noi un po’ sotto tono”. Scott Brooks che a un certo punto in un time out, fra la sorpresa si è visto strappare la voce dall’ex losangelino Derek Fisher, come aveva fatto Kobe Bryant con Mike Brown, è orgoglioso: “Grandissima difesa, mani e testa sempre attivi, ogni pallone una sfida per il possesso, e cosa di maggior significato se di fronte hai la miglior squadra di basket”.
Psicologicamente la serie prende un nuovo indirizzo, Okahoma dopo aver perso due volte dai campioni nella finale di conference non vuole perdere questa occasione, stanotte il palcoscenico è occupato da gara3, Miami parte da 2-0 al Boston Garden, quanta benzina hanno ancora i gloriosi matusa Pierce, Garnett e Ray Allen?
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