I 42 punti di Bryant non fanno male, Oklahoma domina ai rimbalzi, travolge i Lakers e domenica gioca a San Antonio gara1. Boston passa in vantaggio grazie a 27 punti di Brandon Bass.
La NBA prosegue senza le formazioni di Los Angeles, i Lakers crollano di schianto nel quarto tempo e la rampante Oklahoma delle new-stars Durant e Westbrook festeggia la sua terza finale nella Western Conference. Hanno perso i Thundercity nel 2010 dai Lakers e nel 2011 da Dallas, le due squadre vincitrici, e stavolta sperano di far meglio con San Antonio. E cioè l’unica formazione dell’Ovest vincente in 13 anni con i Lakers e i Maverick e che, partita malino in trasferta, negli ultimi due mesi è diventata irresistibile soffiando il primo posto ai Thunder, questo per un calo nervoso, nelle ultime giornate della regular season che aveva visto Durant e c. rivaleggiare con Chicago per il 1° posto assoluto.
Roba da mordersi le mani, perché il fattore-campo conta e come, anche se nelle ultime 3 settimane Oklahoma è molto cresciuta, e sulla scia delle prime due rocambolesche vittorie casalinghe con Dallas che con un po’ di fortuna avrebbe potuto tornare a casa sul 2-0 ha messo fuori i campioni uscenti per 4-0. E qui le cose sono cambiate. Hanno dominato in semifinale i Lakers che hanno forse preteso l’impossibile da Kobe Bryant, sono stati salvati da Steve Blake nella serie con Denver e speravano di avere un Ramor Session all’altezza di guidare una formazione ambiziosa dopo il sacrificio di Derek Fisher, il capitano storico, che giocherà invece la finale con i Thunder.
Come nella scorsa stagione i Lakers non sono arrivati alla finale, hanno tentato di prendere in estate Paul e Howard e non ci sono riusciti, volevano sacrificare Pau Gasol per il centro di Orlando, alla fine nel tentativo di cambiare qualcosa, hanno forse peggiorato le cose con Ramon Session il quale era solo un cambio del play in una formazione di secondo piano e non una star. Alla fine il nuovo coach Mike Brown è rimasto col cerino in mano e la sua arte della difesa portata avanti con uno staff di specialisti, fra cui anche Ettore Messina, è stata spazzata via dai fatti,perché i Thundercity hanno segnato in 3 gare su 5 più di 100 punti, e una volta anche allo Steaples Center, senza contare i larghi successi nella prima (+19) e quinta gara (+16).
Squadra da rifare, e forse anche allenatore nuovo perché nel bel mezzo della serie con Denver Magic Johnson nella sua veste di commentatore Tv ha raccontato che il suo amico Jerry Buss, il proprietario dei Lakers, non è contento di Mike Brown lontano da quel concetto di show-time che ha fatto dei Lakers una delle squadre più amate d’America.
Gara5 di semifinale ha purtroppo fatto crollare alcune certezze storiche o filosofiche costruite sui risultati e i personaggi, ad esempio che quando Bryant segna più di 40 punti la vittoria è sicura o che la difesa di coach Brown è inattaccabile quanto il Pentagono. Koby ha segnato per ben 2 volte più di 40 punti, 42 nell’ultima gara, però anche stavolta non sono stati sufficienti, mentre lo statuario santone della difesa arrivato da Cleveland nelle ultime due gare ha incassato più di 200 punti, ha subito il ritmo e la freschezza di Westbrook e c, e non ha saputo costruire dietro le sue star ormai vintage come Kobe e Artest-Metta una panchina all’altezza. Quella che è la forza di San Antonio, con 10 giocatori intercambiabili al punto da far riposare Tony Parker e mettere al suoposto l’aborigeno Patty Mills che segna più di 60 punti in due gare, e quella che ormai è anche una certezza di Oklahoma, e non solo per l’eccezionalità di James Harden, un cambio che viaggia a medie di punti superiori a molte declamate star, e l’esperienza di Derek Fisher.
Insomma, l’ultima sconfitta è stata – come si dice – paradigmatica di un lavoro tecnico non riuscito, un semifallimento o quasi: 5 punti (sparito Steve Blake, 1 punto solo, l’eroico vice di Session, ancor sotto choc per le minacce ricevute dopo il canestro della vittoria di gara3) contro 35 della panchina rivale. E poi 12 assist contro 20, ben 16 rimbalzi in meno, 35 a 51 con soli 3 offensivi contro 14 (e bravo il taglia fuori difensivo…) anche se Pau Gasol si è superato (16 rimbalzi) . Ha ceduto di schianto il reparto chiave che doveva sostenere il disegno di questa stagione, principale imputato con una gara fiacca ed enigmatica l’introverso Andrew Bynum che dopo aver subito McGee con Denver, ha subito anche Perkins. E si parla di due centri molti discussi.
Certo, con Chris Paul le cose sarebbero state diverse, ma il commissioner Stern l’ha mandato ai Clippers per allargare la fascia delle squadre competitive, un progetto riuscito grazie anche al rilancio dei Sixers capaci di mettere fuori Chicago e alla crescita di Oklahoma con due giovani eccezionali talenti quali Kevin Durant e Russell Westbrooks che penso si siano assicurati anche un posto nel Dream Team olimpico di Londra ed saranno le uniche due matricole.
Insomma, nella gara decisiva i Laker hanno resistito per 3 tempi, e chiuso sulle ginocchia, 13 punti in tutto, un segnale di declino, e sono stati migliori solo nel tiro da 3, e solo perché i Thunder (2/11, 18%) hanno fatto peggio del loro “negativo” 3-13 (21%).
Adesso si aspetta il colpo di scena di Jerry Bus senior e junior, magari – facciamo fantabasket – l’investitura di Kobe Bryant come allenatore, la cessione di Bynum a Orlando (e l’arrivo di Mike D’Antoni con Novak e Jeremy Lin che ieri ha confermato a New York di non essere sicuro di restare) per avere Howard e una guardia di grande impatto, un giocatore del calibro di Paul, Westbrook, Rose, Rondo.
Boston da parte sua è tornata in vantaggio con Filadelfia, 16 punti di scarto grazie a un terzo tempo eccezionale di Brandon Bass, giocatore di grande energia più che di tecnica pura ma con una “mano santa” nei personali (2° specialista col 95,8%). Per B-Bass 27 punti, primato personale nei 6 anni di carriera con 2 stagioni a New Orleans (scelto n.38, seconda scelta, dopo due anni a Louisiana State) Dallas e Orlando prima di firmare lo scorso dicembre per Boston squadra ideale per le sue caratteristiche di ala forte pericoloso vicino a canestro, bravo a fare blocchi, giochi a due, portare rimbalzi d’attacco, e difendere. Filadelfia (e soprattutto un deludente Lou Williams ) non ha approfittato dell’assenza di Avery Bradley, lo specialista della difesa, per problemi alle spalle, ha perso ben 15 palle. Il black out del terzo tempo e i passaggi avventati hanno fatto arrabbiare coach Collins: “Bisognava aver maggiore rispetto di se stessi, non si può giocare così, fare passaggi a una mano contro una formazione che ci ha dato una lezione di tenacia”.
Garnett ha segnato 20 punti, Rondo servito 14 assist sui 22 della squadra, la matricola Greg Stiemsma, il gigante biondo di origini nordiche, ha avuto la sua prima serata di gloria (10 punti, 5 canestri), Bass è stato il MVP , e anche miglior rimbalzista (6), e con 18 punti nel 3° tempo ha battuto il record di LeBron di 17.
Il confronto fra le due città della cultura americana prosegue a Filadelfia che deve annullare il match ball. Confronto equilibrato, dicono le cifre, dopo 2 vittorie pesanti dei Sixers in casa (+32 e +13) a inizio stagione, Boston ha recuperato e adesso il totale è di 3 a 3, mal che vada conta sul fattore-Garden, che vuol dire 18 vinte su 20 gare negli ultimi 5 anni. E’ passata solo Miami che a sua volta stanotte contro Indiana prega che San LeBron faccia un altro miracolo e che il suo allenatore non si diverta a inventare nuovi quintetti.
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