A Istanbul con una rimonta di ben 19 punti e un canestro allo scadere l’Olympiacos vince la sua seconda Euroleague grazie all’esplosione di Kostas Pananikolau e al tiro di Printezis. Da mesi dicevo che Ivkovic alle soglie dei 70 anni era l’allenatore più moderno del basket europeo.
Tre indizi sono una prova. Aver messo fuori Siena nel playoff e battuto Barcellona in semifinale coi due loro allenatori quarantenni e recuperato 19 punti all’ultima versione del suo ex club, il Cska del trio Kirilenko-Teodosic-Krstic, col quale aveva perso 3 semifinali prima che arrivasse Ettore Messina a completare l’opera ha dato più gusto alla seconda Coppa dei Campioni di questo grande allenatore che aveva già vinto 15 anni fa sempre con l’Olympiacos, la sua seconda casa.
Per lui che scarica le tensioni del basket con l’hobby curioso di allevare piccioni, come aveva detto già dopo l’impresa di Siena, questa è la squadra più amata della sua lunga carriera nella quale spiccano grandissimi successi, come aver portato nel ’91 a Roma la grande Jugoslavia all’ultimo titolo prima che nascessero singoli stati, ricostruito la nazionale serba.
Da buon ingegnere, ama costruire, per questo forse si è sempre tenuto lontano dall’Italia, dove nell’ultimo decennio le squadre li fanno i manager-presidenti assieme agli agenti e ragionando sul budget, e non sul tipo di pallacanestro, sulla programmazione, tanto che negli ultimi 5 anni ho sempre messo l’accento sulla consacrazione di un giovane quale fattore determinante per la conquista dell’Euroleague. Tre anni fa era stato il Panathinaikos di Nikola Pekovic, due anni fa il Barcellona di Ricky Rubio, l’anno scorso il Panathinaikos di Nick Calathes, quest’anno c’è stata l’esplosione di un ragazzo di Salonicco, Kostas Pananikolau, che poco più che ventenne ha catturato nell’ultimo minuto due rimbalzi e segnato 2 tiri liberi, tre momenti fondamentali per completare una rimonta storica, anche se poi è stato bravo Vassilli Spanoulis a costruire con grande lucidità e timing l’azione decisiva scaricando la palla sulla sinistra a Georgios Printezis che con calma olimpica ha segnato in avvicinamento, a una mano, punendo le belle statuine della difesa russa che meriterebbero la detenzione alla Lubianka di chi si è addormentato in panchina invece di costruire uno sbarramento nell’ultima azione, conclusa a 0,7 secondi.
Per questo, credo che il biennale del coach lituano Jonas Kazlauskas, meno moderno, che avrebbe dovuto conoscere bene i greci per aver allenato la nazionale, sia in pericolo e possa tornare dalle parti del Cremlino Ettore Messina che in quattro anni ha portato due coppe e due finali e si appresta a lasciare Los Angeles dove è stato chiamato da Mike Brown nello staff tecnico in quanto Magic Johnson ha svelato alla Tv americana che i Lakers cambieranno allenatore se perderanno male con Oklahoma.
Beh, la finale non è stata certo bella, nel contesto di un basket di trincea dove si è vinto segnando poco più su dei 60 punti, come accadeva mezzo secolo fa, perché la NBA punta sullo spettacolo e l’Europa pensa a non perdere, prima che a vincere. Troppo lunatica, forse perché questa squadra stellare che ha sciupato un’occasione come quella di Kirilenko, lo zar del basket e unico russo ad aver fortuna nella NBA, meriterebbe una guida di maggior polso e meno imbalsamata, la squadra dell’Armata Rossa, capace di prendere 29 punti nel primo quarto contro il Panathinaikos, di vincere sotto di 15 per buttare alle ortiche una vittoria già sicura.
Comunque, merito dell’Olympiacos aver vinto contro la squadra più europea con capitale greco, quando la dracma è nella bufera lo sport serve a qualcosa. Quest’anno ho voluto provare a fare uno studio sull’incidenza degli stranieri nelle squadre italiane, una legione straniera dove si vive allegramente e il passaporto comunitario è un vitalizio. Anche la nostra squadra più forte qualche volta ha vinto solo coi punti degli stranieri, il capolavoro di Ivkovic, oltre a quello di aver vinto una finale con 50 di valutazione, addirittura inferiore a quello dell’avversario, invece è di aver rovesciato questa regola del Basket Spaghetti e non ha avuto bisogno per vincere degli americani, giacchè – si ricorderà negli annali – Dorsey, Hines e Law sono rimasti a bocca asciutta. Nel senso che non hanno segnato in tre nemmeno un punto, e il successo porta la firma dei 6 greci, con la significativa presenza dei rappresentanti del’ultima leva, Mantzaris, Sloukas e Papanikolau che con i 18 punti ha stabilito il suo primato personale. I grandi mostrano la loro stoffa nelle grandi partite, e comunque sono 3 anni che l’ala piccola di Salonicco miete successi con le squadre giovanili greche, dall’europeo under 18 a quello under 20.
“Anche l’anno scorso avevamo una grande squadra e abbiamo perso con Siena perché i nostri giocatori non hanno saputo mettere da parte il loro ego. La ragione del successo è che adesso giochiamo d’assieme. Nell’ultima estate abbiamo avuto dei problemi, perché il nostro presidente stava per lasciare e ha ridotto il budget. Per questo in pochi credevano in noi, penso perciò che nessuno più di noi meriti questo successo”.
Così il saggio ingegnere minerario della Vojvodina ha incorniciato questa vittoria, sono anni che dico che la storia dei budget è solo un fine mercantile, che il potere del basket è finito nelle mani di chi non conosce il basket e lo sport. In campo ci vanno le persone, non i budget.
Per la cronaca, questa è la prima vittoria di Euroleague dei rossi del Pireo che col nuovo formato che ha ormai un decennio di vita aveva già partecipato a due Final Four conquistando una finale e un 4° posto con una squadra milionaria. Nel 2009 a Berlino, allenatore Panagiotis Giannakis, aveva perso in semifinale 82-84 dal Panathinaikos di Obradovic e perso per il 3° posto 79-95 dal Barcellona 2010 a Parigi, allenatore sempre Giannakis, aveva vinto 83-80 col Partizan di Vujosevic e perso nettamente 68-86 dal Barcellona di Xavi Pascual.
I turchi hanno speso un patrimonio per organizzare questa edizione, senza poter avere il piacere di tifare per una loro squadra. E alla fine, dopo la delusione per la bocciatura delle tre formazioni, anche la beffa di vedere il trionfo dei loro nemici storici.
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